La complice - Film (1975)

Il colpo di scena sul quale si fonda il film è talmente clamoroso, inatteso e spiazzante che fa venir voglia di rivalutare quanto visto fin lì. Purtroppo non è facile perdonare le troppe intrusioni rosa, i battibecchi, le fasi che si potevano facilmente sintetizzare... Quattro soli attori in scena per un teatro televisivo Rai girato in un unico ambiente: il salotto di uno scrittore ormai svogliato (Ferrari) che ha organizzato l'omicidio della moglie per le sette di sera (incidente stradale con caduta nel burrone e incendio dell'auto). Poco dopo è già a casa raggiunto dalla complice (Negroni), con la quale ha organizzato tutto e con cui prevede di rifarsi una...Leggi tutto vita in Brasile una volta calmate le acque. Ma lei è impaziente, refrattaria agli ordini di chi non può permettersi di sbagliare nulla.

Lui ha invitato una coppia di amici per le sette e mezza in modo da costruirsi il necessario alibi, per cui lei se ne va e lascia l'uomo, presto raggiunto lì dall'invitata (Rizzi). Solo la donna, perché il marito non è potuto venire causa trasferta in Germania. D'altra parte la coppia non è certo troppo unita e anzi, lei fa chiaramente delle avance allo scrittore, affascinata dalla sua statura intellettuale. Lui, non del tutto insensibile (si conoscono da molti anni e tra loro è evidente che i rapporti siano più che buoni), ha tuttavia altro a cui pensare. Soprattutto quando entra in scena l'immancabile commissario (De Toma), che ha trovato l'auto incendiata e comunica all'uomo la notizia della conseguente morte della moglie.

Tutto come previsto? In parte sì, ma il poliziotto non sembra così facile da mettere nel sacco... Si sperava in un bel confronto tra quest'ultimo e il vero protagonista, mentre in realtà più del commissario stanno in scena le due donne, alternativamente, entrambe nel tentativo di conquistarsi quanto più possibile le attenzioni dell'omicida. Tale deragliamento rosa sottrae importanza a un intreccio giallo che comunque resiste ed è come detto costruito in funzione del grande colpo di scena conclusivo; peccato per la sua subordinazione ai duetti tra lo scrittore e l'una o l'altra donna: la Negroni gioca a fare la smorfiosa con poco sale in zucca, incapace di capire le difficoltà del momento e quanto il suo atteggiamento destabilizzi le certezze del suo complice, la Rizzi si propone invece con aria più matura e scafata, disillusa dalla vita e preoccupata solo di conquistare le attenzioni di chi con tutta evidenza ama.

De Toma, intanto, dà al suo commissario un sorriso irridente che mai si toglie di bocca e che lo fa somigliare a una brutta copia di Groucho Marx; non ha modo, anche per questo, di far valere le qualità del suo personaggio, in definitiva quasi secondario rispetto a quanto ci si aspetterebbe, costretto a un'indagine di prammatica con conseguenti interrogatori quasi mai interessanti. Insomma, gli spunti per un buon giallo non mancavano, ma sono mal distribuiti e mai riescono a rendere incisiva l'indagine. Dispiace davvero, perché un finale così avrebbe meritato ben altro copione, a sostenerlo.

Chiudi