Uno dei primi film del futuro premio Oscar Pedro Almodóvar, in cui ancora si notano molti difetti nella struttura narrativa, nella fluidità del racconto, ma anche tutta la forza dissacratoria di un regista che ha il coraggio, nella patria del Cristianesimo più intransigente, di attaccare frontalmente le istituzioni religiose prendendole in giro con allegria e trasformando un convento in una cricca di suore dedite a ogni tipo di vizio. La cantante tossicomane Jolanda (Sánchez Pascual) si rifugia in detto convento per sfuggire alla polizia, ma vi trova delle “sorelle” davvero particolari: la madre superiora è un’eroinomane (“L'eroina è la mia compagna di giochi” o “Lo sai che non prendo...Leggi tutto droghe leggere” tra le sue frasi più incredibili), Suor Squallida fa largo uso di LSD e allucinogeni in generale (curiose le sue soggettive “psichedeliche”), Suor Maltrattata scrive di nascosto romanzi porno sotto lo pseudonimo di Concha Torres; ma Suor Vipera e Suor Perduta non sono da meno: chi cuce abiti da collezione di moda per la Madonna (“E’ la madre di Dio, non può più andare in giro vestita come una stracciona”), chi suona i bonghi per tener buona la tigre Pupo, ospite in convento assieme a ragazze in fuga dai trascorsi malandrini, chi progetta viaggi in Thailandia per conto dello spacciatore, chi vende sottobanco la mobilia sacra. Ad Almodóvar le idee non mancano, però tutto questo accatastare senza posa paradossi ed esagerazioni anticlericali sembra più un giochino che un film, una parodia girata tuttavia con i tempi di un film d'autore, e la cosa stride. L'umorismo è piuttosto ricercato, misurato pur nella sua furia iconoclasta che non risparmia nessuno, ma la sceneggiatura non vale poi molto e nel complesso frustra un soggetto che aveva grandi potenzialità.
Nel suo terzo film, Pedro Almodovar tocca i vertici del suo cinema del melodramma-grottesco temperato dalla feroce ironia dissacratoria, prendendo di mira (come farà molti anni dopo in La mala educacion) il mondo delle comunità religiose, in questo caso un convento di suore. Solo il regista spagnolo poteva creare un ambiente così perverso ma nello stesso tempo pervaso da senso di cristiana compassione come quello delle protagoniste di questo film dalla sceneggiatura arguta e ricca di ironia sarcastica.
Un film coraggioso ed ironico che solo Almodovar poteva realizzare. Un convento di suore che sperimentano il peccato perché é la base del loro lavoro! L'ironia fa sicuramente da padrona anche se comunque il messaggio é forte perché religione e peccato convivono in un'aura di normalità. Bravissime tutte le protagoniste, a partire dalla madre superiora (Julieta Serrano) che rende il personaggio al meglio. La giovane Carmen Maura (Suor Perduta) aveva già lavorato con Almodovar e le sue riconferme sullo schermo col regista ne dimostrano la professionalità.
MEMORABILE: La madre superiora a tavola con le consorelle: "io quando prendo l'LSD vedo lo spirito santo sottoforma di colomba, ma arrosto e con le patatine!".
Una donna in fuga, uno strano convento, delle suore bizzarre (dedite alle droghe, al porno ed al lesbismo). Questi gli elementi principali di uno dei primi film di Almodovar che riesce a creare un film piuttosto spassoso che si diverte a dissacrare uno dei bersagli preferiti del regista: la religione. Nonostante ne abbia vista una versione massacrata dalla censura (quasi 30 minuti in meno), la pellicola mantiene una certa forza e carica “eversiva” ed iconoclasta. Basti pensare ai nomi delle monache: Suor Squallida, Suor Vipera e via dicendo.
MEMORABILE: Se la Madonna non ti piace possiamo metterci un poster di Iglesias. Per combattere il peccato bisogna conoscerlo (mentre tagliuzza una striscia di coca).
Ci sono Credo e Passione, coerenza etica e sincera spiritualità tra le tenebre di questa comune conventuale che rivendica, nell'iperbole assoluta del suo rito, necessità di esistere e legittimazione sociale. Almodovar riflette, nelle sorelle santissime, il lato oscuro e vitale della civiltà, l'appetito carnale, l'impeto degli impulsi esistenziali che anelano al paradosso e al sacro. Inutile però cercarne traccia nella versione italica che estingue a colpi di doppiaggio le fiamme del melodramma in una fiera del pecoreccio e del triviale; poi Bunuel, davvero, non c'entra proprio nulla.
Un film grottesco e molto ironico. Per quanto la trama non abbia chissà chè di particolarmente interessante, lo spettatore rimane sicuramente divertito nell'assistere allo svolgimento delle attività quotidiane di questo gruppo di suore alquanto anomale.
È un Buñuel burlesco, con venature camp e retroterra pop, questo Almodovar dei primi anni 80, con il suo viaggio delirante nella religiosità ispanica. Che approda alla descrizione di un convento di suore scatenate, non tanto nell'illuministico ventaglio sadiano delle perversioni, quanto nel postmoderno catalogo dei paradisi artificiali, tra eroina e romanzi porno, fino all'allevamento di una belva di cui si è persa ogni chiave allegorica. Una religiosità allo sbando, dai discorsi goliardici ma dal gusto filmico alla mélo B-movie. Spiazzante.
In una nazione più che cattolica come la Spagna solo un regista controcorrente come Pedro Almodovar poteva girare un film del genere. Grottesco ma che comunque non dimentica di criticare un certo tipo di credo. Per certi versi ricorda il cinema bunueliano.
Cantante si rifugia in un convento per evitare l’accusa di omicidio. La sceneggiatura poggia su un impianto dissacratorio piuttosto spinto tra i vizi delle suore, la tigre nell'orto e i soldi per tirare avanti. Esaurita la colorita fase di presentazione, la trama diviene decadente a sottolineare la condizione di estraneità dal mondo esterno e l'impossibilità di poter manifestare i sentimenti. Almodóvar sembra voler scioccare, invece si dimostra riflessivo. Nella parte centrale perde mordente, ma nel finale va in crescendo.
MEMORABILE: Il viso impresso sul fazzoletto; Le allucinazioni da LSD; I romanzi pornografici; La figlia mangiata dai cannibali.
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Avevo letto anch'io "versione alternativa".... certo che definire alternativa una versione censurata mi sembra quantomeno vezzoso, a riconferma del lavoro incostante della Raro. Bisogna però riconoscere che se si tratta di tagli effettuati dal distributore il recupero si fa più difficile, soprattutto per una casa di media grandezza come la Raro. Comunque sottoscrivo le tue conclusioni di cui sotto.
PS: Occhio però che 115 è la durata cinematografica! Su supporto home video devi sempre detrarre qualche minuto (intorno ai 110 quindi) nel caso venisse editata, a scanso di equivoci...
HomevideoZender • 15/07/08 17:47 Capo scrivano - 48946 interventi
Grazie a entrambi per le precisazioni. Confermo quanto detto da Rebis sulla durata maggiore delle versioni cinematografiche rispetto a quelle home video (non che ce ne fosse bisogno, ma visto che c'ero...).
Ho appena finito di visionare il DVD RARO del bel film di Almodovar! E' il caso di dire che è letteralmente rinato dalle ceneri dei fuochi censori! Reintegrato delle scene tagliate nella versione italiana (molte sequenze sono in lingua con sottotitoli), ripulito nell'immagine e ristabilito nei confini del formato! L'impagabile occasione di vederlo in originale riserva moltissime sorprese; il doppiaggio italico infatti danneggia pesantemente i contenuti, l'ironia, il senso e l'atmosfera generali, e il finale non è poi così gratuito ma coerente con il clima generale.
Consigliatissimo.
Il film non l'ho mai visto. Ho l'occasione di vederlo su grande schermo in pellicola nella versione italiana censurata. Mi confermate che sono soldi buttati?
DiscussionePanza • 10/12/13 15:02 Contratto a progetto - 5250 interventi
Nel papiro c'è scritto premio Oscar con la r del copyright! Bellissimo!
DiscussioneZender • 10/12/13 16:56 Capo scrivano - 48946 interventi
Ahah, non avevo notato. Il Marcel è sempre stato un mattacchione...