La storia avrebbe ottime chance per dimostrarsi più originale della media di questi thriller paratelevisivi, o comunque le qualità di un intreccio piuttosto ben studiato, ma s’inabissa nelle voragini di una sceneggiatura davvero stipata di particolari che poco tornano e che riesce difficile accettare, in un giallo. Peccato, perché dietro a un titolo anonimo (e non è che quello originale, THE WRONG SON, sia molto meglio) si cela una vicenda intricata che avrebbe meritato una sceneggiatura più attenta a non inciampare in così tanti particolari poco credibili.
Già nel prologo, ambientato dieci anni prima (epoca rievocata facilmente citando “My...Leggi tutto Space”, oggi ormai in disuso), qualcosa di difficile da credere c’è: un ragazzino che gioca in mare col fratello minore a pochi metri dalla riva, si volta per meno di trenta secondi e il piccolo scompare. Dalla spiaggia, non certo deserta, nessuno ha visto nulla, in acqua non lo si trova… Viene dato per morto, benché il cadavere non salti fuori…
Dieci anni dopo il padre muore in un incidente d’auto e la madre, Sarah (d’Abo), deve salutare pure l’unico figlio superstite, Ian (Amboyer), che convola a nozze con Rachel (Guzman). Si ritrova sola, consolata giusto dalla cognata e da Jessie (Blanchard), la donna che l’aiuta nel suo lavoro di agente immobiliare. Poi però tac… dal nulla sbuca fuori Matt (Garelik), un giovane che dice di essere il figlio scomparso in spiaggia. Racconta di aver avuto allora un ictus e di essere stato salvato da un tizio che gli ha fatto da padre perché lui ricordava al tempo solo di chiamarsi Matt. Si avanza a lunghi passi verso l’assai poco credibile e l’idea che non sia il figlio giusto (d’altra parte tutti i diversi titoli del film gridano all’imbroglio) si fa strada, soprattutto in Ian. La mamma invece è sempre la mamma e accoglie il presunto Matt a braccia aperte. Quando pretenderà il test del DNA, ci si chiede? Ci metterà un po’ ma alla fine ci si arriverà. La risposta sarà sorprendente e tutto prenderà una piega parzialmente inattesa.
Si procederà tra sciocchezze assortite spacciate come possibili, ma se si sospende l’incredulità si potrà anche riuscire a farsi coinvolgere. Garelik è sufficientemente ambiguo per reggere la parte chiave, i dialoghi con il fratello, sua moglie e la madre sono architettati per mantenere il clima di relativo mistero mentre sulle prime non si capisce bene quale ruolo avrà Jessie, che quasi subito strozza la cognata non appena quella le chiede se abbia svelato a Sarah di essere la ex del marito morto in auto. Il soggetto si giova quindi di un meccanismo interessante, ma la sbrigatività con cui si risolvono troppi interrogativi lasciandone in sospeso molti altri proprio non convince, e l’impressione è che si tenda a tirar via il tutto per concentrarsi esclusivamente nel far tornare per sommi capi la vicenda. C’è pure un indizio vagamente argentiano nella scena in spiaggia, a testimonianza del fatto che le idee per una volta non mancavano, nel rielaborare un tema abusato in questi thriller paratelevisivi. Occasione persa…
Poco dopo aver perso il marito in un incidente, donna borghese riceve la visita di un ragazzo squattrinato che afferma di essere suo figlio, scomparso dieci anni prima; dirà il vero? Per lo spettatore la risposta è piuttosto ovvia, ma evidentemente non per i protagonisti, che, nonostante strani comportamenti e vistose incongruenze, neanche attendono i risultati del test del DNA per accoglierlo nelle proprie vite (la madre lo ospita in casa subito, il fratello gli spiffera importanti piani di investimento come se nulla fosse...). Qualche twist ravviva la narrazione, ma il naif esonda.
MEMORABILE: Il sedicente figlio osserva freddamente il fratello sotto sedativi mentre affoga nella vasca da bagno; Il colpo di scena nel covo degli antagonisti.
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CuriositàZender • 24/06/24 08:48 Capo scrivano - 48893 interventi
Come mi aveva fatto notare Anthoyvm, è spassoso l'errore dei grafici di Prime, che hanno trasformato il titolo del film in "L'identità tubata", riportando l'errore anche nella scheda. Cose che capitano, naturalmente, chi fa il grafico sa come errori simili possano essere frequenti. Ma l'idea di una identità che può essere "tubata" potrebbe lasciare perplessi molti, che potrebbero pensare a un neologismo ("Maledizione, e se avessero tubato anche la mia? Oggi su internet non si può più stare tranquilli... Se mi tubano non so nemmeno come comportarmi").