Note: Aka "Dark Tower - Il grattacielo della morte". Per quanto accreditato, secondo Imdb il regista Ken Widerhorn, previsto come regista, non mise in realtà mai piede sul set.
Il buon Micheal Moriarty non riesce a salvare questa pellicola che in teoria dovrebbe trattare il paranormale. Non è un film da gettare, ma siamo su di un livello medio-basso. Il grande regista Freddie Francis, ormai giunto alle sue ultime realizzazioni, poteva osare qualcosa di più. A tratti simile all'Ascensore, ha un finale che a tanti potrà ricordare il mitico ESP di Daniele D'Anza (con Paolo Stoppa) e, con un po' di fantasia, Lucio Fulci. Bravo l'appena mancato Theodore Bikel.
MEMORABILE: Theodore Bikel mentre tenta un dialogo con l'entità.
In un grattacielo nuovo di zecca si avvicendano strane morti sembra per mano di una entità misteriosa non meglio precisata. Trattasi di uno scialbo thriller che sfocia nel paranormale con sequenze ancor più scialbe da filmetto televisivo anni '80. Neanche lo scheletro che insegue ne risolleva le sorti, anzi peggiora il tutto. Fate a meno di perderci tempo.
Tediosa ghost story priva di sorprese, diretta da un Freddie Francis molto stanco e quasi del tutto priva di appeal. Strane morti occorrono all'interno di un edificio e ovviamente si tratta della solita vendetta sovrannaturale. Il cast è buono, più che altro a livello di nomi (il feticcio coheniano Moriarty e l'intrigante Jenny Agutter), ed è l'unico fattore che susciti un minimo di interesse. La noia regna, tranne che nei cinque minuti finali che regalano un po' di vivacità, anche se il colpo di scena è decisamente prevedibile. Sconsigliato.
MEMORABILE: La prima morte: un povero malcapitato, sostituito da un ancor più disgraziato manichino, cade dal grattacielo.
Dopo un'ora e trenta (durata comprensiva anche dei titoli di cosa) si arriva solo grazie a una serie infinita di lungaggini e tediosità varie. Il difetto principale del film infatti, è che annoia terribilmente persino nei momenti in cui crede di creare suspense (le infinite esplorazioni dei corridoi). E' salvabile solo il finale, telefonatissimo, vero e unico momento del film in cui succede qualcosa di interessante. Location spagnola (Barcellona) per nulla valorizzata (il film poteva essere benissimo ambientato ovunque).
Ultimo film al cinema per il regista Freddie Francis, che si firma con lo pseudonimo di Ken Barnett. Il cast è buono, il regista non è un novellino; sarà dunque un buon film? La risposta è no. Fotografia e ambientazioni stile primi anni 80 (il film è dell'87-89 ma sembra di almeno 10 anni precedente), una noia mortale per quasi 90 minuti; il ritmo sale solamente nel finale. Da dimenticare.
Chissà come sarebbe stato se l'avesse diretto interamente il buon Wiederhorn; invece Francis confeziona un horror paranormale sciatto, dalla confezione straight-to-video di fine anni '80, girato in una Barcellona che non si vede mai e con un cast mediocre che vede come protagonista un distratto Moriarty, direttamente in prestito dai film di Cohen. Pochissimo il sangue, scontata e mai spaventosa la ghost-story, abbastanza catatonico il ritmo; un low-budget tipico del periodo, senza arte né parte, in cui la cosa più memorabile rimane il manifesto.
Doppio regista (Francis & Wiederhorn, e un motivo ci sarà), fregatura unica: Moriarty, sempre lui, e una vanitosa Agutter sempre intenta a sistemarsi l’acconciatura deambulano senza mordente dentro quel grattacielo che, togliessimo il superfluo, avrebbe cinque minuti di storia scarsi da narrare. Loro due resistono, noi molto di meno visto che già al primo pianerottolo si capiscono perfettamente il chi e il perché della vicenda e da lì in poi è uno sbadiglio dietro l’altro. L’inganno più grande è quello della bella locandina. Uno skyline sul nulla.
Piccoli scorci ispanici disseminati qua e là, un gruppetto di personaggi che sembrano impegnati in un’autoparodia e un grattacielo che è fertile humus per una disputa coniugale tra il regno dei morti e quello dei vivi. Più che un horror cinematografico pare un'operazione di autentico fronzolo televisivo, sia caratteriale che fisionomico, ma le sequenze di morte hanno il loro fascino sinistro e il finale chiude i conti con toni inaspettatamente macabri. Seducenti le musiche di Stacy Widelitz.
Quando in un grattacielo ultra-moderno progettato da un'avvenente architetta si verificano strani avvenimenti, un detective cerca di vederci chiaro... Stuzzicante sulla carta, noiosisissimo alla visione: sceneggiatura rabberciata, regia anonima, messa in scena da mediocre prodotto televisivo, tensione azzerata da un ritmo sonnacchioso, prestazioni svogliate da parte del cast, compresi i protagonisti che qui sembrano adeguarsi all'andazzo di generale sciatteria. Solo l'epilogo è un poco più animato ma, oltre ad essere telefonatissimo, risulta più ridicolo che inquietante.
Ken Wiederhorn HA DIRETTO ANCHE...
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Una delle ultime farloccate buiesche, che fanno di necessità virtù
Nei tempi di internet dove tutto è "scaricabile", l'ultimo baluardo del naif bambinesco dei disegnini che manco all'asilo.
Il buon Kop aveva Il grattacielo della morte, ma solo la vhs, senza la fascetta.
Per il sottoscritto non era un problema, visto i suoi trascorsi da "illustratore".
Scoppiazzando dal manifesto originale che si trova in rete, ho buttato giù questo scarabocchio, sostituendo la ragazza che grida con uno sguardo "fulciano" di rara intensità, anche se il grattacielo ha assunto le sembianze di una specie di bara.
Altro che L'uomo che dipinse la morte!
Notare la frase di lancio presa di peso da un "animal attack" italiano a me molto caro.
Secondo quanto riporta Imdb, sebbene molte fonti lo riportino comeregista di questo film, Ken Wiederhorn non vi partecipò. Sempre secondo il sito, lo stesso Wiederhorn in un'intervista avrebbe dichiarato di non essere mai stato sul set e di non aver mai visto il film. Il regista era stato inizialmente scelto per dirigere la pellicola, ma dopo che si verificarono problemi di finanziamento, decise di girare invece Il ritorno dei morti viventi 2 (1988).