Iddu - L'ultimo padrino - Film (2024)

Iddu - L'ultimo padrino

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La nostra recensione di Iddu - L'ultimo padrino

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

"Iddu", "U pupu" e non solo... tutti soprannomi per indicare un'unica persona: il boss dei boss, colui che raccolse l'eredità mafiosa di Totò Riina e si diede alla macchia per decenni, il latitante per eccellenza. Matteo Messina Denaro ha qui il volto di Elio Germano ma è meno protagonista di quanto si possa immaginare: condivide la scena con un ex sindaco chiamato "Il Preside"; ovvero Catello Palumbo (Servillo), da poco uscito di prigione e tornato in una casa che non riconosce più. La moglie Elvira (Pedrazzi) sembra quasi disinteressata a lui, l'affezionata figlia è incinta e promessa sposa a un ragazzotto che a Catello proprio...Leggi tutto non piace. Sentitosi perduto, con l'esperienza alle spalle di un albergo rimasto in fase di costruzione che vorrebbe avere la possibilità di completare, decide di collaborare con i Servizi per la cattura del superboss, al quale ha fatto da padrino.

La storia, ambientata nella Sicilia dei primi anni Duemila, si rifà nelle stesse parole dei registi alla reale vicenda del "carteggio via pizzini" che vi fu tra il sindaco del paese di Messina Denaro e il boss stesso. Palumbo diventa quindi il tramite tra il Bene (i servizi segreti) e il Male (la mafia), con il compito di condurre le forze dell'ordine a scoprire il misterioso rifugio del latitante, chiuso in una casa insieme a una signora (Bobulova) di cui poco è dato sapere e che funge per lui da segretaria.

La costruzione del film è abbastanza canonica, ma lo stile scelto da Antonio Piazza e Fabio Grassadonia (al loro terzo film in coppia) è piuttosto singolare, con una caratterizzazione diametralmente opposta dei due protagonisti: tanto loquace, acuto, interessante nelle sue notazioni è Palumbo, quanto invece criptico, cupo nonostante il sorriso beffardo spesso dipinto in volto, Messina Denaro. Ma è sul primo che l'opera viene in gran parte edificata, sulle sue interazioni con i familiari (eccellente Betty Pedrazzi nei cinici duetti casalinghi) e con l'agente dei Servizi che più di tutti è in contatto con lui ovvero Rita Mancuso (Marra), figura tradizionale non all'altezza - nella recitazione - dell'istrionismo di Servillo; che invece è di nuovo straordinario, polo accentratore ben di più di un Germano al contrario in ombra, prigioniero di un criminale cui si finisce per dare tratti talora macchiettistici, ghignante, solo di rado efficace nel restituire l'immagine di un boss sì lontano dall'iconografia tradizionale ma fin troppo monodimensionale, sterile nella sua indecifrabile relazione con la donna che lo ospita.

Messina Denaro è impegnato col suo grande puzzle da tavolo e spinto dal Preside a stuzzicare le proprie conoscenze culturali per rispondere a tono in un anacronistico scambio epistolare in cui è lui ad assegnare gli alias con cui si firmeranno: Emanuele per Messina Denaro e Salustio per Palumbo. Ma se "sulla carta" gli spunti ci sono, alla resa cinematografica quello che ci perviene è un lungo (troppo, si superano le due ore) dramma ambizioso, formalmente d'effetto (ottime anche le musiche di Colapesce, con la straniante "La malvagità" che chiude splendidamente sui titoli di coda) ma faticoso, che il più delle volte - soprattutto nelle fasi con Germano - si fa stucchevole, con scene tirate esageratamente per le lunghe (il viaggio che dovrebbe concludersi con l'incontro con il boss).

Antonia Truppo come sorella di Matteo convince, ma il suo personaggio è stereotipato quanto quello degli uomini dei Servizi, compreso un Fausto Russo Alesi (Schiavon) che avrebbe invece nella fisionomia e nella voce tratti assai originali. Ben realizzato, autoriale, ma anche scarsamente coinvolgente... Quando il vero Matteo Messina Denaro venne catturato, il film (a quel punto giocoforza costretto a cambiare il titolo primigenio, "Il latitante") doveva ancora uscire, ritrovandosi in sala con il boss ormai in carcere e un effetto di conseguenza piuttosto insolito.

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Tutti i commenti e le recensioni di Iddu - L'ultimo padrino

TITOLO INSERITO IL GIORNO 14/10/24 DAL BENEMERITO MARKUS POI DAVINOTTATO IL GIORNO 6/03/25
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Markus 14/10/24 22:37 - 3777 commenti

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La figura di Matteo Messina Denaro attraverso un racconto abbondantemente riscritto, tanto che si fatica persino a "riconoscere" il personaggio raccontato attraverso più figure e salti spaziotemporali repentini. Nel complesso l'opera a quattro mani risulta eccessivamente appesantita da un'aria fin troppo ambiziosa: persino Toni Servillo ed Elio Germano danno l'impressione di essere impiegati più per il nome che per la ricerca della buona recitazione; molto meglio Barbora Bobulova: in lei classe e seduzione. Seconda parte fin troppo lunga, ma il film è dotato di una buona fotografia.

Gabrius79 15/10/24 11:04 - 1527 commenti

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Film incentrato sulla figura del boss Matteo Messina Denaro piuttosto ambizioso e con esiti abbastanza altalenanti. Germano nei panni del boss convince il giusto, va un po' meglio Servillo come politico corrotto. A sorpresa spiccano per bravura la Bobulova, la Marra e, in ruoli minori ma ben delineati, la Pedrazzi e Tantillo (moglie e "genero" di Servillo). A una prima parte con un ritmo piuttosto lento ne segue una seconda ben più coinvolgente e scorrevole. Regia e fotografia buone.

Reeves 17/10/24 08:45 - 3130 commenti

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Mafia movie d'autore un po' lento all'inizio ma interessante per come tratteggia le manie e la personalità di Matteo Messina Denaro, il mafioso forse più spietato della storia recente. Grande interpretazione per Germano e per Russo Alesi, ancora una volta bravissimo nel tracciare un personaggio ambiguo. Un po' sottotono Servillo, che sembra un po' prigioniero della sua faccia e delle sue espressioni.

Luluke 4/11/24 04:59 - 923 commenti

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Nulla da eccepire sull'aspetto tecnico, curatissimo. Molte riserve invece sulla sceneggiatura, che nel descrivere una fase della latitanza di Messina Denaro romanzando il testo (Lettere a Svetonio) da cui è tratto questo capitolo della sua vita, si concentra sugli aspetti psicologici, quasi intimi, del boss, dei suoi sodali e dei cacciatori. Con gli attori che finiscono però per recitare ciascuno la propria parte senza vera coralità. Troppo teatrale Servillo, troppo monocorde Germano, troppo carica Marra, troppo sensuale Bobulova. Classico film ben fatto che tuttavia non coinvolge.

Capannelle 31/01/25 18:35 - 4595 commenti

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Deludente, poco sincopato e con uno spreco attoriale niente male. Perché Servillo viene ridotto alle solite mimiche espressive senza acquistare consistenza come personaggio e lo stesso si può dire per la Truppo; lo stesso Germano viene sfruttato solo in parte. Bene invece la Bobulova, seducente in un personaggio apparentemente spettatore. Location, nodi narrativi e regia sembrano procedere all'insegna dell "non diamo troppo nell'occhio".

Paulaster 19/02/25 18:00 - 4968 commenti

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Il personaggio di Messina Denaro è visto in alcuni aspetti della sua latitanza, solo per dimostrarne il potere acquisito. Le fasi poliziesche ricadono in recitazioni irrealistiche e non possono approfittare della vera cattura (avvenuta dopo). Servillo, nella sua giustificata paura di lasciarci le penne, assume connotazioni addirittura da commedia. Germano ha personalità e il suo ruolo poteva essere più sfaccettato. La Bobulova fa i sorrisini con un boss che gira per casa. Come film di mafia manca di importanti sfumature territoriali, salvo il finale e piccoli accenni sparsi.
MEMORABILE: Il pezzo mancante a puzzle; Il tema del figlio.

Schramm 31/03/25 23:36 - 4055 commenti

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Forse occorre fingere che non sia un libero adattamento del biocrime denaroso per apprezzarlo a pieno: in questa mafia inverno di tutto e tutti, Servillo – enorme manierista di sé stesso - mantiene tutta la prima parte in bilico tra commedia dell’arte e Petri, contrappesato da un Germano minaccioso anche fuori campo e chi fa loro costellazione performativa attorno fa scintillare il buio cielo del cinema italiano, giocando su contrapposte sfumature di intensità interpretativa. E poi c’è Bigazzi, sempre gigantesco nel fare dell‘assetto fotografico una sovrascrittiva sceneggiatura.
MEMORABILE: I'm not scared.

Enzus79 8/04/25 13:00 - 3346 commenti

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Ispirato liberamente da un fatto realmente accaduto: durante la sua latitanza il noto mafioso Denaro ha un rapporto epistolare con l'ex sindaco del suo paese. Pellicola che ne poteva uscire meglio. Sopratutto dopo una prima parte promettente, con sprazzi di commedia. Poi sembra essere un po' pretenzioso, perdendosi in lungaggini. Bravi Servillo e Germano. Discreta la colonna sonora di Colapesce.

Cotola 22/04/25 18:55 - 9612 commenti

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Ispirato a vicende reali - si parla di un episodio circoscritto: un carteggio a base di pizzini - non è una biografia di Messina Denaro e nemmeno ci si avvicina, per fortuna. Il merito principale del film sta infatti nel tentativo di allontanarsi dalle solite opere che parlano di mafia, anche se il risultato è poco riuscito poiché spesso si ricade in dinamiche ed elementi già visti. Bizzarro il fatto che il vero protagonista non sia il boss, ma il preside. Riusciti gli innesti più che ironici, quasi comici. Servillo e Germano non del tutto convincenti. In fin dei conti gradevole.

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