Fenomeno Rockets - Documentario (2024)

Documentario piuttosto lungo (1h40’) che accende i riflettori sui Rockets, band francese che curiosamente trovò in Italia il suo Eldorado. Come ben spiegato, in patria il successo durò al massimo un paio d’anni, con la critica che non accolse sempre al meglio la singolare proposta. L'Italia, invece, abbagliata soprattutto dalla capacità del gruppo di esibirsi tra laser e ogni sorta di effetti speciali travestiti con costumi da “marziani” (rigorosamente dipinti d’argento, un trucco che – come spiega il tastierista Fabrice Pascal Quagliotti – non era difficile applicare ma era complicatissimo togliere), seppe premiarli a lungo. Non che...Leggi tutto la musica fosse una componente poco importante naturalmente, perché la scelta di suoni sintetizzati, di voci filtrate col Vocoder e di melodie accattivanti era la base di un progetto originale, da molti giudicato anche troppo avanti, per il suo tempo. Fabrice Quagliotti, che da anni vive in Italia, precisa infatti come artisti quali i Daft Punk abbiano saputo – applicando loop e altre idee – sfruttare certe intuizioni dei Rockets sviluppandole in una visione, al contrario, perfettamente al passo con l’attualità.

Figura principale all’interno del documentario ma anche del gruppo stesso, Quagliotti è intervistato a lungo, unico membro ad essere presente non in filmati d’archivio. A raccontare la nascita e la crescita dei Rockets provvedono fan storici, discografici, produttori e collaboratori all’interno di una struttura suddivisa un po’ grossolanamente in capitoli introdotti da una testa digitale che ne “emana” i titoli. Ciò di cui è purtroppo carente il lavoro diretto da Piergiuseppe Zaia sono i filmati d’epoca, mostrati quasi sempre all’interno dello schermo di un televisore che campeggia nell’inquadratura diminuendo di molto le dimensioni dei contributi (evidentemente per nascondere la scarsa definizione delle matrici).

Non mancano belle foto del tempo, ma la musica resta piuttosto in sottofondo, con brevi estratti di qualche videoclip, di concerti, mentre per entrare meglio nella storia sarebbe stato utile poter sentire più brani, in modo da restituire in pieno l’essenza del gruppo. Invece si dà forse troppo spazio alle parole con aneddoti non sempre imperdibili, anche se naturalmente molti servono a far capire le personalità dei componenti. Divertente sentire i ricordi di chi genuinamente si avvicinava al gruppo in un’epoca in cui internet e i social non esistevano, quando anche solo sapere dove i Rockets si sarebbero esibiti in Italia poteva rappresentare un problema! Testimonianze di un’epoca tecnologicamente lontanissima dalla nostra che il gruppo aveva comunque saputo precorrere a suo modo, e non c’è dubbio che la professionalità di chi partecipa al documentario contribuisca in ogni caso a spiegare bene la portata di un fenomeno che in Italia per molti anni seppe far crescere una fanbase importante, che resiste ancora oggi, in anni in cui i Rockets suonano ancora (l’ultimo album “The Final Frontier” è del 2024!). Un po’ di spazio anche ai due album solisti di Quagliotti, valente tastierista sulle orme di Vangelis e Jean Michel Jarre. Un discreto compendio dell’avventura della rivoluzionaria band francese, utile soprattutto a chi ancora non la conosce.

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