Splendido film di Wajda (uno dei suoi migliori) in cui il regista polacco mostra tutto il suo talento visivo e narrativo al servizio di una storia interessante, non banale ed anzi direi piuttosto complessa. Il ritmo e l'andamento, pur con qualche pausa, ricordano quello del cinema americano. Molte le scene notevoli che non si dimenticano e magnifica la fotografia in bianco e nero. Un piccolo "diamante" che va
recuperato.
MEMORABILE: La scena dei bicchierini di vodka accesi in ricordo degli amici morti.
Polonia dopo la fine della guerra: una coppia di reazionari vuole uccidere un dirigente comunista ma il ragazzo si chiede se serva a qualcosa. L'altro risponde che non lo sa ma di farlo comunque. Nel dilemma del ragazzo si ritrovano i drammi e le divisioni di un intero paese. Film significativo, a metà tra classici americani e nouvelle vague, un po' impantanato nella parte centrale e con un finale surreale modello Fellini.
Buon film di Andrzej Wajda, che a tratti ho trovato un po' incoerente. L'amore per una donna può essere più forte di qualsiasi cosa? Un dilemma che colpisce la coscienza di un ragazzo (e non solo). Bella la seconda parte. Comunque da vedere, ma non è niente di eccezionale.
Quando pronunciò la storica frase "il pomeriggio è cupo come un film polacco" Sandro Ciotti pensava probabilmente all'opera di Wajda. Però questo esordio giocato su stilemi quasi noir eppure europeissimo convince e intriga, anche nei suoi momenti più grotteschi. Belle trovate visive, atmosfere credibili, personaggi non banali. Da vedere.
Assieme a I dannati di Varsavia, il film che rivelò al mondo il talento di Wajda. Qui però, rispetto alla robustissima ma più scontata tematica "resistente", a trovare una connotazione che ancor oggi disorienta è il clima di sfibrante disillusione/confusione dell'immediato dopoguerra. Una "Babilonia" politico/socale che si rispecchia nel disordine morale/esistenziale di Maciek (un grande Cybulski, cui molto deve il Belmondo di Fino all'ultimo respiro). Stride nella visione contemporanea il contrasto tra visionarietà registica e narrazione a tratti impervia.
Valutare la pellicola senza essere partecipi dell'odio tra reazionari e comunisti che si respirava nella Polonia dell'epoca pone lo spettatore di fronte a psicologie piuttosto nebbiose, con conflitti interni e tra i personaggi spiegabili solo a posteriori. Oltre a ciò il film non ha molto da aggiungere, a parte qualche notazione ironica e una pure riuscita parentesi sentimentale con Cybulski che inaugura il suo personaggio di seduttore ribelle che tanto successo gli darà in patria. Tecnicamente nella media, con qualche tentativo di poesia visiva nell'ultima mezz'ora.
Siamo in Polonia nel periodo di passaggio tra la dittatura tedesca e quella sovietica. Wajda ci vuole far conoscere questo periodo mettendo nel suo mirino i partigiani antisovietici. Il regista si serve di una fotografia magistrale e di un protagonista complesso, i cui orientamenti politici si attenuano quando si innamora corrisposto. La prova attoriale è degna di rilievo e la storia d'amore tratteggiata in modo ellittico e poetico. Wajda con film come questo fa capire come mai sia da annoverare tra i principali registi dell'est Europa.
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Zender è possibile inserire nelle note che il titolo allude ai versi di una poesia del poeta polacco Cyprian Kamil Norwid? E' solo una piccola curiosità, ma fa luce sul titolo.
DiscussioneZender • 20/08/10 19:12 Capo scrivano - 48949 interventi