Beket - Film (2008)

Un film difficile, a tratti figurato, intenso e profondamente sofferto. Ma è proprio questo che il regista vuole cogliere, la rappresentazione della solitudine, la frustrazione e la ricerca del proprio Godot. Non a caso è stato scelto un paesaggio spoglio, dove l’umanità non arriva se non per soffrire e per autoconvincersi che quel posto non è il niente, ma forse esiste una possibilità di salvezza. Pochi dialoghi ripetitivi, per sottolineare la noia e la paura. E’un film particolare, di protesta, prodotto in economia e girato in soli 13 giorni.

Estragon e Vladimiro, Adamo e Eva e altre strane figure: una umanità abbandonata da Dio che vaga per paesaggi campidano-western stilizzati da una fotografia b/n wendersiana che rivela un Eden fallace. Un non-luogo (metafisico) per una non-storia (pseudobiblica): è l’assurdo-sardo di Manuli, pseudo-beckettiano, para-picaresco (alla Citti), con scene grottesche (alla Ciprì e Maresco) e canzoni demenziali (degli Skiantos), tra pulman volanti e musica electro-trance che pervade magicamente l’altopiano. Folle, acuto, beffardo, scanzonato.

In una landa desolata due viandanti vanno alla ricerca di Godot. Nell’incedere circolare avranno incontri con oracoli, mariachi, Adamo e Eva (in puro stile Cinico Tv) e sirene. La Gallura si dimostra location eccellente per non dare riferimenti visivi e, nel b/n, senza tempo. Sperimentale nei dialoghi ripetuti o per proporre argomenti divini e filosofici. Manuli riesce anche nelle inquadrature fisse a creare immagini suggestive.