Appartiene al ristretto novero di pellicole di fantascienza che, per far da contrasto a film di un genere che stava deviando “pericolosamente” verso la più bieca e misera spettacolarizzazione, si concentravano soprattutto sulla divulgazione di ipotesi scientifiche preoccupandosi di spiegarle nei minimi particolari. Ciò che si ottiene in questo modo, tuttavia, sono pellicole di una noia mortale, deprivate di quel minimo di intrattenimento al quale comunque avrebbero diritto gli appassionati meno rigorosi. Qui un addetto ai servizi di sicurezza (Egan) viene spedito in una base sotterranea segretissima per indagare su alcuni atti di sabotaggio che hanno già causato la morte di un dottore che assieme...Leggi tutto ai colleghi stava conducendo crioesperimenti su di una scimmietta. Raggiunta la base in elicottero, all'uomo verranno illustrati tutti gli studi che lì vi si conducono con lo scopo di lanciare l'uomo nello spazio (su di una stazione orbitante) e di catturare la potentissima luce del sole con speciali specchi che la convogliano in raggi devastanti. Delle indagini ci si dedica vagamente solo all'inizio, perché poi assistiamo soprattutto a una tediosa serie di spiegazioni sull'avanzamento degli studi nei diversi campi, compreso il funzionamento di due robottoni su cingoli che sono l'orgoglio del centro. Si chiamano Gog (che è il titolo originale del film) e Magog, muovono le braccia meccaniche a casaccio e non sembrano granché utili... Nel finale avranno pure il loro spazio, quando ormai la visita volge al termine e lo spettatore si ritrova sfiancato dal diluvio di parole e concetti che l'hanno seppellito fin lì (senza contare un accenno di love-story tra l'ospite e una bella bionda vestita di verde che gironzola in zona). Che la soluzione del sabotaggio sia legata all'intelligenza artificiale che sovrintende all'intera base? Lo scopriremo. Per il resto non possiamo che goderci l'Eastmancolor che traccia il solco con il bianco e nero delle produzioni di fantascienza coeve, qualche accenno di effetto speciale (magari i due che danzano in assenza di gravità) e un'ultima parte dove finalmente qualcosa succede. Ma la forzata ambientazione all'interno delle quattro stanze della base costringe a limitare l'azione e a dare l'impressione di una povertà d'insieme che, aggiunta a dialoghi torrenziali, non depone a favore del film, nonostante l'apprezzabile serietà con cui è scritta la sceneggiatura. La matrice spionistica con accenni alla guerra fredda è poco sfruttata e del tutto secondaria, così come l'immaginifica spiegazione che viene fornita nel finale.
Altro sci-fi noiosetto della serie “dell’ufficio d’investigazioni scientifiche” (da un’idea di Curt Siodmak e Ivan Tors per una serie di pellicole maggiormente attente alla verosimiglianza scientifica, che però diede origine solamente a Il mostro magnetico e a questo film qui). Nonostante il colore, alcuni eccellenti attori, una certa cura nella realizzazione e talune trovate piacevoli, si tratta di un filmetto talmente “medio” che ben pochi lo rammentano.
Chi, o cosa, sta sabotando gli esperimenti per la costruzione di una base spaziale nei laboratori segretissimi del governo americano? Una trama da film giallo in contesto fantascientifico dove però abbondano inutili lungaggini pseudo-scientifiche e, quando si arriva al dunque, il film è praticamente terminato. Uno dei film di sci-fi primi anni '50 dove meno si utilizzano metafore per la Guerra Fredda. Si ricorda solo per Gog e Magog, i due robot tentacolati.
In un laboratorio segreto nel deserto, le migliori menti del paese progettano i prossimi voli spaziali, ma qualcosa comincia ad andare storto ed alcuni ci rimettono le penne... Fantascienza "seria" della variante didattica che vuol illustrare i progressi della scienza e della tecnologica: intento lodevole, ma fortemente compromesso dalla noiosità della pellicola: un sacco di chiacchiere appena vivacizzate dagli incidenti e dal turbinio delle braccine metalliche di Gog e Magog, i due buffi robot gemelli che diventano cattivi loro malgrado.
Se, alla lunga, non fosse mortalmente noioso (le chiacchiere saturano l'intera durata) costituirebbe un piccolo reperto di estetica sci-fi del tempo: le scenografie, pur con modellini in scala, sono ingegnose e il design delle macchine e degli automi reca, pur nell'ingenuità, un senso potente di ottimismo nella tecnologia quale rimedio universale per il mondo a venire. Da tal punto di vista il film rimane un documento insostituibile. La trama, purtroppo, è banale e il nazionalismo di fondo ormai datato.
Filmetto noioso e serioso che fa parte di quel filone di fantascienza anni '50 dove si cerca di spiegare con metodo scientifico la tecnologia. Ne risulta un prodotto sottotono dove i poveri robottini si riscattano loro malgrado nel finale muovendo le braccia come barattoloni scossi dal vento. Fa sorridere vedere come si affrontano le radiazioni in laboratorio... senza tuta, a pelle scoperta! Dalla discreta sceneggiatura si poteva ottenere sicuramente di più.
Un disegno distruttivo sconvolge un laboratorio americano di esperimenti di alta tecnologia. Inizialmente si ha l’impressione che a Strock interessi maggiormente la forma (il film è pensato per il 3 D) ma, successivamente, l’impianto tensivo si fa robusto. I due robot, pur se basici nella loro ideazione, riescono a mettere ansia allorché decidono di attaccare gli esseri umani e i sabotaggi ai macchinari provocano morti alquanto terribili. Se ne parla poco ma merita di essere recuperato, anche da chi non è avvezzo al genere. Chiude una trilogia denominata OSI.
MEMORABILE: I due poveretti fatti girare a velocità spaventosamente incontrollate.
È vero che la spettacolarità fine a se stessa di certi film moderni di fantascienza è fastidiosa, ma qui si esagera. Si tratta di un sci-fi vecchissimo stile in cui ogni traccia di intrattenimento è bandita per lasciar spazio esclusivamente a linguaggio tecnico e suggestioni di astrofisica. Il risultato è di una noia sconvolgente. Si può anche apprezzare l'impegno del regista, ma arrivare alla fine del film, fortunatamente breve, è quasi impossibile. Unica nota curiosa, la presenza di Constance Dowling, la donna che rubò il cuore a Cesare Pavese. Soporifero e invecchiato (male).
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DiscussioneDaniela • 30/01/17 07:47 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Nel film sono presentati due robot semoventi molto simili, Gog e Magog, al primo dei quali fa riferimento il titolo originale della pellicola.
Proprio Gog e Magog sono i nomi di leggendarie popolazioni dell'Asia - talvolta identificate di volta in volta con popoli realmente esistenti - che vengono descritte nella Bibbia e nel Corano come lontane, selvagge e pericolose.