Dopo il rifacimento in versione con violino della "Enter sandman" dei Metallica sui titoli di testa la musica scompare, a sottolineare gli imbarazzi e i silenzi tra due coppie di amici con seri problemi d'intesa sessuale. Da una parte Terri (Keener) non sopporta Jerry (Stiller) quando straparla durante l'atto, dall'altra Mary (Brenneman) si ritrova un marito, Barry (Eckhart) praticamente impotente, più a suo agio con la masturbazione. Così finisce che Jerry ci prova con Mary e qualcosa nasce, mentre durante le visite a un museo tutti faranno a turno conoscenza con una bella assistente (Kinski) destinata a inserirsi nello squallido quadretto. Sceneggiatura molto ragionata...Leggi tutto ma tutt'altro che riuscita, con una regia (Neil LaBute) decisamente compassata e ritmi blandi. Lo schema ricalca quello che già abbiamo imparato a conoscere in film simili, che mettono il sesso al centro dei pensieri della coppia e si divertono a offrire risposte stizzite o spiazzanti. Gli uomini ci fanno la figura dei mezzi scemi dagli atteggiamenti infantili, le donne delle insoddisfatte a prescindere, inevitabilmente antipatiche (la Keener in questo è maestra). L'altro outsider (Jason Patric) chiude il cerchio di quest'opera a sei elementi con qualche buona finezza psicologica nel tratteggio dei protagonisti, un approccio maturo e qualche raro sorriso qua e là.
Tipica commedia Sundance (a dire il vero girata prima che questo stile diventasse maniera) ruota attorno ai problemi sentimentali/sessuali/esistenziali di tre coppie di amici. Nulla di rivoluzionario, anzi il film è invecchiato rapidamente. Look bizzarri per Eckart e Stiller.
LaBute replica la struttura a rigidi quadri dialogici (d’impronta teatrale) della sua opera prima, affondando con uguale sguardo cinico, quasi satirico, e graffiante sulle meschinità odierne delle relazioni umane. Perno del film è il sesso, presentato in uno squallido girotondo tra due coppie e due single, e sistematicamente rappresentato nel suo più sconsolante fallimento: teatro spietato di una commedia umana che mostra la sua drammatica inconsistenza. Carino il tormentone nella galleria d’arte, dove passano tutti dicendo le stesse frasi.
Relazioni personali (e sessuali), indagate con sguardo entomologico da Neil LaBute in uno dei suoi primi lavori. In un'opera di impostazione praticamente teatrale, i dialoghi la fanno ovviamente da padroni, ma l'impressione è quella di uno sguardo freddo ed eccessivamente distaccato dai personaggi in un film che sembra invecchiato precocemente e che gira a vuoto nonostante la bravura degli attori.
Un gruppo di amici e le relative compagne si scambiano confidenze amorose al fine di comprendere il lato migliore del sesso. Si complicheranno la vita all'infinito lasciandosi trascinare dalle pulsioni. Nonostante si possa definire una commedia, nel film è insita una buona dose di drammaticità, cosa apprezzabile visto che questo ci permette di definire meglio la fragilità dei rapporti sentimentali. Ogni protagonista ha una propria nevrosi, un proprio punto debole che non gli permette di vivere a pieno la propria storia d'amore.
MEMORABILE: La tremenda confessione nella sauna di Jason Patric riguardo alla sua migliore volta con qualcuno.
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DiscussioneRaremirko • 12/05/20 21:37 Call center Davinotti - 3863 interventi
Stiller barbuto e serioso, Eckart baffuto (Patric sbarbato, invece XD) in un film parateatrale e sessuomane, che si segue benino nonostante non sia esattamente scorrevolissimo.
Qualche dialogo centra il segno, vuoi per sincerità, vuoi per originalità ("Non avevamo scrupoli da giovani" dice Patric) esi riesce ad esser coinvolti nonostante la staticità della vicenda.