Buiomega71 • 1/09/15 19:46
Consigliere - 27103 interventi Buiomega71 presenta: La lunga estate del brivido dell'imprevisto- 23 Inediti non davinottabili-
Stramberia da Sundance, dove l'attore Hampton Fancher (al suo primo e unico, fin'ora, film da regista) straborda in megalomania autoriale, indeciso sulla strada da prendere (crime movie? Dramma? Commedia surreal/grottesca?) e ci infila Lynchanismi d'accatto, introspezioni psicologiche, voce narrante del protagonista fuori campo, lentezze narrative da cinema d'auteur, situazioni visionarie, personaggi bislacchi, assurdità assortire, affossando e mettendo in ombra il lato puramente "thriller" (e pensare che l'incipit prometteva bene).
Vann (Owen Wilson) e un giovane biondino dai modi gentili, molto garbato e con la faccia un pò così. Gira la provincia americana con il suo pick-up e occasionalmente si trasforma in un serial killer, che dona la "dolce morte" (una fiaschetta in metallo contenente del veleno estratto da una corteccia, dal sapore di amaretto e che ha un effetto immediato) a persone che incontra per caso (la giovane tossica che già a 30 anni si sente un rottame), o vittime mirate (il promettente giocatore di football, l'uomo alla tavola calda). Arrivato in un piccolo paesino, prende in affitto una stanza da una coppia strampalata che ha perso una figlia (Brian Cox e Mercedes Ruehl) che le vogliono bene da subito come un figlio. Comincia a lavorare nell'ufficio postale della cittadina, e oggetto della goffa seduzione della sua giovane collega Ferrin (Janeane Garofalo) che vive da sola in un cottage e sembra che tutti lo accettino simpaticamente. Ma Vann soffre di turbe psichiche (ha frequenti visioni di due poliziotti che lo tormentano, come se fossero la sua coscienza) e si isola in monologhi interiori. Quando Doug (Brian Cox) l'affittuario di Vann uccide (non si sa per quale motivo) sua moglie Jane (Mercedes Ruehl), Vann comincia a nutrire la paura di essere preso dalla polizia per i suoi delitti e decide di lasciare la cittadina...
Bizzarro, forse anche troppo. Dopo un notevole incipit (Wilson che lava il furgone, l'incontro alla bettola con la tossica Casper "
Ti chiami come il fantasmino" le dice Wilson prima di darle un passaggio con il suo pick-up dove la ragazza si prepara per il buco) si palesano le intenzioni spocchiose di Fancher, che vira su uno stile che fà tanto Jim Jarmusch misto a lynchanate con l'entrata di varia e bislacca umanità che vive nel paesello e incrocia la strada del gentil serial killer
La struttura era anche interessante, ma Fancher spreca un buon potenziale per una narrazione sospesa, parecchio snobbistica soprattutto, che fà subito scemare l'interesse per le attività criminose (sporadiche e indolori) di Wilson, concentrandosi sui tick e sulle nevrosi dei personaggi che le gravitano attorno (il masochismo di Cox, la storiella d'amore con la goffa Ferrin, il dolore della Ruehl per la perdita della figlia, i due sciroccati poliziotti nella sua mente-memorabile,in senso negativo, la gara di espressioni facciali!-, la pittrice di Meg Foster, l'uomo al dinner, l'asmatica e eroinomane Casper, la poliziotta che controlla Vann, il principale dell'ufficio postale, la giovane promessa del football) lasciando il film in un limbo soporifero e ben poco entusiasmante che diviene un ibrido tra il crime movie e il dramma esistenziale, che analizza le gesta criminose di Vann attraverso i suoi pensieri interiori
Vann crede di dispensare il "dolce morire" con un veleno dall'effetto immediato e indolore che prepara nella sua stanza. Ma non c'è catarsi, non c'è traccia di suspence, non c'è un briciolo di tensione, non c'è l'empatia con quello che succede, e dopo, non importa più nemmeno del suo destino, se lo prenderanno oppure no
Tutto e sussurrato, con momenti grotteschi e quasi da commedia da tipico film da Sundance
Vann che consegna e apre la posta, il finale sospeso sull'autostrada di notte, l'incontro con la pittrice di Meg Foster, l'inizio, il girovagare nei boschi, la paranoia crescente, sono solo alcuni attimi in un mare di intellettualità registica snob da primo della classe.
Preziosa la fotografia di Bobby Bukowski e riuscito in parte "l'angelo della morte" di Wilson (con quella faccia lì) che sa comunque donare tick e nevrosi, non indifferenti, al suo strampalato serial killer. Insomma le intenzioni erano anche buone, ma il risultato finale lascia parecchio l'amaro (non l'amaretto) in bocca.
Menzione speciale per la cantante Sheryl Crow, nel ruolo della looser Casper e straordinaria Mercedes Ruhel.
La scelta troppo autoriale del suo regista compromette l'opera e, a volte, il non seguire traiettorie convenzionali non sempre paga. Chi cerca attività criminose alla Ted Bundy (citato anche nel film) o il classico "psycho thriller" meglio che guardi altrove.
Momento cult: Wilson e la Garofalo giocano sul tappeto a casa di lei a fare la lotta (forse la serata romatica tra i due ne uscirà bene). D'improvviso, però, Wilson viene preso da un raptus, e sbattacchia violentemente a terra la Garofalo (no, la serata non e andata affatto a buon fine)
Buiomega71