Decoroso western ispano-italico che si segnala per il ruolo di spicco di Guglielmo Spoletini, valoroso stakanovista dei cappelloni nostrani (quasi sempre in panni messicani) celebrato da L'America a Roma di Pannone e recentemente scomparso. Classica coppia nemici-amici, fra il comico e il crudo, in una storia che a differenza dei due protagonisti manda a vuoto parecchi colpi. Ovviamente il Santana dell'originale è diventato Sartana quasi ovunque, equivoco del resto cercato col lanternino...
Western riuscito solo a metà: bravi i protagonisti ma al film in questione manca del sale che sicuramente avrebbe reso meno insipido il montaggio finale. A proposito di finale, un finale diverso con più idee e meno sbrigativo (sembra stato buttato lì giusto per concludere in qualche modo) avrebbe dato qualche voto in più a questa pellicola.
Un western spaghetti che mescola ironia e violenza. Gianni Garko da Sartana diventa Santana (chissà se il nome proviene dal famoso chitarrista omonimo, magari per omaggiarlo...). Garko recita in coppia con Guglielmo Spoletini e insoeme formano una coppia abbastanza riuscita. In alcuni momenti sembra di assistere a un western alla Bud Spencer e Terence Hill, poi di colpo si trasforma in un Django di Sergio Corbucci. Delitti e uccisioni improvvisi arrivano proprio al punto quando il film cambia da western ironico a violento. Il film sorprende proprio per questo motivo.
Uno degli esempi più efficaci di ibrido tra ironia e ferocia nel genere western, anche per merito del montaggio ellittico che fa intuire uccisioni che non ci si aspetterebbe. Nel corso della svelta sceneggiatura, Garko (nome simillimo ma personaggio in toto diverso da Sartana) e Spoletini si rendono protagonisti di allegre mattanze e virili goliardate; tra i ruoli secondari spiccano l’infida Silva, un duplice Baldassarre (con barba e senza) e soprattutto Mejuto, patriarca tronfio e pazzo che poi finisce come Niobe e i suoi figli. Fotografia dai colori lucenti e aspri paesaggi spagnoli.
MEMORABILE: Il poker durante la sparatoria; l’impiccagione di Huerta; lo sguardo di Mejuto quando gli vengono uccisi uno dopo l’altro i suoi amatissimi figli.
Tecnicamente non malvagio, ben fotografato, recitato con consumata professionalità da Garko e Spoletini con il valido supporto di bravi caratteristi. Purtroppo è la storia che non funziona e non appassiona: troppo stiracchiata e prevedibile, con continui salti di registro fra un'ironia che non fa ridere e una violenza fasulla e ripetitiva e con un finale a dir poco insulso e immotivato. Si salva qualche pagina abbastanza truce come quella con il vecchio bandito patriarca e i suoi figli. Ci si consola con i bei paesaggi dell'Almeria e con il fascino intrigante di María Silva.
MEMORABILE: Il vecchio bandito trasportato dai figli sulla portantina.
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