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Curiosità su E la nave va - Film (1983)

CURIOSITÀ

3 post
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  • Buiomega71 • 1/12/14 09:30
    Consigliere - 27516 interventi
    Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "Cinema in grande", 13 gennaio 1989) di E la nave va:

  • Apoffaldin • 6/10/24 10:03
    Magazziniere - 347 interventi
    INIZIO RIPRESE E SET IN STUDIO

    Il primo giorno di riprese fu il 15 novembre 1982, "in un angolo della Tiburtina" trasformato per l'occasione nel porto di Napoli.

    FONTE: Paolo Cervone, Domani scivola sull'acqua il gran circo di Fellini, in Corriere della Sera, 14 novembre 1982, pag.21.

    Il set era nel teatro 5 di Cinecittà. L'ambiente nel quale Fellini girava le scene, il salone delle feste predisposto da Dante Ferretti, era costruito su una piattaforma di ferro sospesa a cinque metri da terra che poggiava su un sistema di bilici e pompe oleodinamiche che imitavano perfettamente gli ondeggiamenti delle navi.
    Ferretti aveva curato i minimi dettagli d'epoca del 1914, come i monogrammi sui servizi di piatti.

    FONTE: Fellini sul "Gloria N., in Corriere della Sera, 29 dicembre 1982, pag.20.
  • Apoffaldin • 6/10/24 10:12
    Magazziniere - 347 interventi
    LA PAROLA AGLI ATTORI

    Catherine Spaak parlò con gli attori in qualità di inviata al festival di Venezia per il Corriere della Sera.

    Freddy Jones mise in luce la differenza che c'era tra il metodo di lavoro adottato con la Royal Shakespeare Company e con Peter Brook e quello che usava Fellini. Mentre la disciplina del teatro era ferrea con Fellini si passava all'opposto vivendo in un esperimento che prendeva forma di momento in momento. Nel modo di lavoro di Fellini c'è "un'incredibile spontaneità. Per un attore come me è stato un po' come soffrire di claustrofobia". Passato "lo choc iniziale" Jones si era adattato al nuovo metodo cercando di esprimere come poteva la sua creatività. La differenza principale che aveva trovato rispetto a Peter Brook, "grande orchestratore di idee" e stimolatore dell'inventiva dell'attore al quale chiedeva anche pareri, era che Fellini si fidava soltanto delle sue invenzioni: "Alla fine all'attore rimane ben poco da fare, a meno di diventare molto insistente, come ho fatto io. E questo è stato assai frustrante. Mi sono sentito spesso abbandonato a me stesso".

    Barbara Jefford invece era rimasta entusiasta. Per lei Fellini regista era un genio che "sa quello che vuole e come ottenerlo. Per me abbandonarmi a lui è stato un piacere e avevo (...) assoluta fiducia (...). Si divertiva a dirmi che per lui le cantanti liriche sono come delle grosse galline e voleva che durante ogni scena (...) mi identificassi con una gallina".

    Pina Bausch disse che per lei fare la cieca era stata una nuova esperienza mimica anche perché di solito i ciechi mettevano gli occhiali nei film mentre Fellini non ne voleva sapere. L'unico particolare seccante per lei era che per tutto il film Fellini l'aveva costretta a sorridere, cosa che "odio di più al momento".

    FONTE: Catherine Spaak, L'inviato Jones, la diva Jefford e Pina Bausch, in Corriere della Sera, 11 settembre 1983, pag.25.