Teenager disabile viene accudita dalla mamma amorosa, finché non scopre che forse le sue certezze sono solo un'illusione... Psycho-thriller che va a pescare sia dal classico Misery che dal filone captive, con un twist che arriva presto (intorno alla mezz'ora) e che pur già visto viene messo in scena con gusto per la tensione e ritmo molto alto. Necessita di una certa sospensione dell'incredulità ma il meccanismo ansiogeno è ben gestito, il cast convincente e la confezione all'altezza, regalando un lavoro magari con poca longevità ma che una visione può valerla sicuramente.
Madre fin troppo amorevole e dedita alle cure della figlia ultrapatologizzata, per essere credibile fino in fondo. Un thriller che parte da citazioni ben evidenti e che scopre quasi subito le carte, ma non per questo perde di smalto e di tensione, che viene esaltata proprio dall'evidenza dei presupposti. Qualche faciloneria e alcuni passaggi prevedibili risultano marginali in rapporto al clou della storia e alla psicologia opposta delle due protagoniste in costante rapporto attacco/difesa, interpretate con sensibilità da Paulson e Allen. Non eccellente, ma largamente visibile.
Dalla nascita, la diciassettenne Chloe è affetta da una serie di patologie che la costringono a vivere su una sedie a rotelle e quasi sempre segregata in casa. Per fortuna, ha una madre amorevole e molto presente che la accudisce... Che le cose non stiano proprio così ci viene rivelato anche troppo presto ma la tensione resta alta fino alla fine: merito della prova convincente delle due protagoniste e di una sceneggiatura ben ritmata, anche se non priva di incongruenze. In conclusione, un film di poche pretese che costituisce una variante gustosa nell'ambito del filone miseryano.
Una madre molto protettiva e una figlia immobilizzata. Dopo circa mezz'ora c'è il primo twist e dopo un'ora l'altra porzione del colpo di scena. Le dinamiche sono buone, la tensione è ben gestita e viene in mente la situazione di Misery (senza raggiungere quei livelli), la confezione è curata, quindi nel complesso è sicuramente una buona prova di regia; quello che può essere un difetto è la presenza di forzature notevoli in sceneggiatura, ma se lo scopo giustifica i mezzi possiamo anche passarci sopra e goderci questo buon film. Buone anche le interpretazioni delle due protagoniste.
Un esempio di come si può creare tensione con grande semplicità. La storia, ambientata quasi sempre in casa e incentrata sostanzialmente sulle due protagoniste, è abbastanza scontata, ma coinvolge grazie a una narrazione asciutta e credibile, e a una raffinata tecnica di regia e montaggio che non può non ricordare il vecchio stile dei grandi classici hitchockiani. Finalmente un film solido, che non deve ricorrere a forzati effetti spettacolari o jumpscares gratuiti per spaventare.
Una bella partita tra la madre un attimino instabile e la figlia ridotta in carrozzina. Con alcuni fraseggi che non convincono fino in fondo, le solite figure terze che sembrano vivere nel paese degli unicorni ma su cui si può sorvolare visto che il ritmo e la prova delle due protagoniste aiutano a rendere più che discreta la fruizione del tutto. In particolare da encomiare è Kiera Allen, attrice che impersona Chloe e che tra l'altro vive veramente in sedia a rotelle dal 2015.
Niente sangue e niente jumpscare, la regia di Chaganty limita i moderni exploit del genere per introdursi nella morbosa backstory delle due protagoniste. Il risultato è un film dall’andamento semplice ma efficace, solido nella suspense e con una piccola serie di sottigliezze psicologiche riuscite. La Allen si limita a fare la vittima predestinata, la Paulson invece si cala nei meandri dello squilibrio psichico con misurata devozione.
Questa madre amorevole e premurosa appare fin da subito troppo perfetta per non farci sentire puzza di bruciato, per cui quando emergono le magagne la sorpresa è relativa. Il thriller però funziona egregiamente, e raccontando una storia semplice ma efficace garantisce una tensione costante con alcuni picchi ansiogeni davvero elevati. Qualche particolare poteva essere approfondito meglio, ma l'epilogo beffardo coglie nel segno. Ottime le due protagoniste, e se la Allen (che disabile lo è davvero) si cala ammirevolmente nel ruolo, la Paulson mostra un notevole spessore psicologico.
Thriller teso che conferma Sara Paulson tra le icone del nuovo cinema di tensione, molto spesso nel ruolo della persona disturbata. La trama, a tratti prevedibile ma ben orchestrata, scorre in maniera decisamente riuscita e regala alcuni momenti di angoscia mista a fastidio nello seguire le vicissitudini della giovane e brava protagonista. Citazioni a piene mani soprattutto a favore del maestro Stephen King, più o meno presente come ispirazione in tutta la pellicola. Thriller discreto che merita una visione.
Bastano il titolo e i primi cinque minuti et voilà, diventa da subito lapalissiano e senza possibilità di smentita quel che il resto del film ha in serbo. Non ci resta quindi che sperare nei dettagli (e qui il tentativo curato di evitare iperboli narrative è da apprezzare) e nell’evoluzione del rapporto tra la Paulson e la Allen, ben strutturata e con la reale disabilità di quest’ultima che indubbiamente un certo effetto lo fa. Fruibile senza grandi sforzi o rimorsi ma evitabile alla festa della mamma e forse, nonostante il sei politico guadagnato, per tutto il calendario.
La sindrome di Münchausen per procura era stata già portata sullo schermo, così come i tutori crudeli che abusano di povere vittime invalide, ma anche se Chaganty, autore dell'ottimo Searching, si attiene ai passaggi canonici di questo genere di thriller (i tentativi di fuga mentre il gatto non c'è, lo sfortunato "salvatore" che farebbe bene a guardarsi le spalle), conduce lo show con invidiabile destrezza, allestendo sequenze di suspense che hanno il non sottovalutabile pregio di mettere i nervi alla prova. Merito anche delle due attrici, specie Kiera Allen, realmente paraplegica.
MEMORABILE: Sosta in farmacia per identificare le pillole; Trascinandosi sul tetto da una finestra all'altra; Fuga per strada; In ospedale; Il godurioso finale.
Buon film che ha come punto di forza l'interpretazione del duo protagonista; sufficientemente disturbante la "bifronte" Paulson, mentre le sofferenze della Allen (che paraplegica lo è per davvero) nel deambulare non lasciano indifferenti. Per contro il principale elemento sorpresa risulta piuttosto precoce, anche se probabilmente era l'unica strada percorribile (la prima parte del film è giocoforza quella meno interessante) per mantenere un costante senso di tensione. Atmosfere adeguatamente claustrofobiche, epilogo dantesco. Derivativo, ma ben realizzato e quindi promosso.
MEMORABILE: I primi segni che nella casa qualcosa sta cambiando; Il finale.
C’è un famoso slogan che recita: “Farò di tutto per la tua felicità, a patto che tu stia male”. Da qui prende il via lo psico-thriller di Aneesh Chaganty, perpetuo e devastante incontro tra una figlia affetta da paralisi e una madre vampirizzata da psicosi. È un film piccolo e femmineo, in bilico tra reale e immaginario ma con un occhio ben puntato sulla metamorfosi della suspense e sulle dinamiche morali delle protagoniste. Bravissima la Paulson, che procede per sottrazione con una naturalezza sbalorditiva.
Per chi intraprende questa corsa a ostacoli (tanti, alti e con picche acuminate) sarà un niente intonare dopo un metro “vatti a fidare della mamma / ti avvelena il latte / ti nasconde / molte cose / che riguardan voi due”, ma come sempre in queste nude circostanze il diletto sta nel vedere che si inventa il topo per spuntarla sul gatto. Ovvero: conscio che del plot i twist contano meno del come si addiviene a essi, Chaganty si concentra più sulla personalità della tensione e sue architetture atmosferiche, e se riesce a non farci evadere da esse tanto ci deve bastare a ringraziarlo.
Alla ricerca del cast genuino, Chaganty pare che bocciò più di una provinante, sedicenti disabili, prima di eleggere la brava e indomita Allen quale verace top-player del suo scafato rapture-thriller. In effetti il merito del prodotto sta quasi tutto in questa scelta, abilmente annunciata, perché si sa che il pubblico spesso si consola raccogliendo pezzi di vero tra gli azzardi, così che anche King venga alla mente senza troppe paturnie. Che dire poi della Paulson-megera del finale, l'immagine più terrificante dell'intero film? Passabile quanto basta, come il sale nella pasta.
MEMORABILE: La farmacista che si beve la storia del gioco; Le dita del piede che si muovono e i "progressi" ottenuti dopo sette anni; Tom, postino poco avveduto.
Storia di follia e amore deviato, di disperazione ed emancipazione, di riscatto e ingegno. Pur con qualche cosa di poco chiaro (per esempio Tom il postino che fine fa?), la tensione è molto ben tenuta, merito anche delle due interpreti. La parte di Chloe è affidata a Kiera Allen che conferisce al personaggio notevole verosimiglianza, essendo l’attrice disabile realmente; ciò non toglie che la sua prova sia notevole. C’è chi ha vinto l’Oscar con molto meno...
Film del filone "vivo con uno psicopatico/a da molti anni, ma me ne sono accorto solo ora, però, a mia parziale discolpa, anche i miei medici, farmacisti e più in generale i miei concittadini non sono delle aquile"; dunque necessita di notevole sospensione dell'incredulità per essere pienamente apprezzato. Se si è disposti a superare tutto ciò, con annessi snodi narrativi poco plausibili, ci si potrà divertire. Il ritmo e qualche trovata per far saltare sulla poltrona, infatti, non mancano. Di più, la giovane attrice protagonista offre una notevole interpretazione. *** di stima.
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