Spunti da La finestra sul cortile innestati in una sceneggiatura tradotta in immagini da una regia suadente, a tratti ipnotica, corroborata da suite strumentali in grado di incutere tensione (vedi i suoni dei carillon) e con due protagonisti che recitano con pathos. Un incubo rappresentato dalla maschera di Pierrot, un Pierrot seduttivo, ma anche di un violento Arlecchino: due figure di Carnevale qui più che mai abili a celare le rispettive identità. Non sempre scorrevole, ma fascinoso come tutti i film di Gobbi.
Curiosa pellicola ambientata sulla Costa Azzurra che porta lo spettatore nella casa, nella mente e nelle abitudini di una splendida ragazza resa paralitica da un incidente stradale. L'opera di Gobbi è resa per lo più affascinante da un'ottima fotografia e da un'accuratezza dell'estetica che in parta copre le falle di un ritmo - specie nella parte centrale - con tempi morti e il sonnacchioso dietro l'angolo. Una maggior cura dei tempi e nella sceneggiatura avrebbe apportato alla pellicola quella compiutezza che invece non ha.
Interessante film di Sergio Gobbi. Mostra una cura molto attenta nella messa in scena (basti pensare al bianco e nero del vestito di Pierrot ripreso dalle pareti della casa della protagonista), un sapiente uso della macchina da presa, quasi carezzevole, interpretazioni buone, musica adeguata ai vari momenti in cui si dipana la vicenda. Quasi buono per buona parte della sua durata, purtroppo cala con la rivelazione nel pre-finale, il cui seguito all'aperto fa presumere il contatto visivo finale, ormai scontato e, ahimè, pure banaluccio.
MEMORABILE: Lo spostamento a destra e sinistra del binocolo, che ricorda La finestra sul cortile.
Una piccola gradita sorpresa questo film di Gobbi che gira bene e con grande eleganza. Ma oltre alla forma si segnala anche una buona sceneggiatura che sa intrigare lo spettatore per buona parte della sua durata, creando aspettative sugli sviluppi narrativi ed i moventi e le azioni dei protagonisti. Peccato che alla fine
scelga per ben due volte strade facili e quindi già viste. Ma resta comunque una pellicola non male che può meritare il recupero.
Sergio Gobbi si dimostra grande professionista della macchina da presa: riduce al minimo i dialoghi e dilata volutamente la narrazione scegliendo di comunicare tramite il solo utilizzo (delicato, ardito o barocco a seconda dei casi) della macchina da presa, senza tirarsi indietro di fronte a soluzioni insolite (la sequenza del delitto) e sfruttando al meglio le ottime melodie della OST e la puntuale fotografia. Col passare minuti il soggetto si accartoccia fino al deludentissimo coup de théâtre del pre-finale, rovinando una possibile perla.
Assolutamente deludente... ok il voyeurismo dopo l'infortunio e l'entrata in scena in qualcosa di misterioso (manco fosse il miglior Antonioni!), ma l'insistenza a battere sullo stesso tasto salvo alla fine dare la sorpresa che si è vista e si vedrà molto meglio in tanti B movie italiani nettamente migliori fa proprio dimenticare questo film, che si riduce a un puro esercizio di estetica. E anche il Carnevale della Costa Azzurra e la musica allungano il brodo della noia...Per fortuna Gobbi aveva già fatto e farà molto di meglio.
MEMORABILE: L'appartamento; La versione della Boyer coi capelli lunghi e sciolti (perché coi capelli tagliati è pietosa!).
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