Una delle opere più pessimiste di Bergman, dedicata al disamore, alla crisi della coppia, al fallimento esistenziale, al suicidio, al delitto, al rimpianto dell’infanzia. Girato interamente in bianco e nero salvo prologo ed epilogo a colori, si compone di brevi capitoli - introdotti da una didascalia in stile brechtiano - riempiti di dialoghi lunghi e densi in cui traspare un continuo senso di angoscia e rassegnazione. L’abbagliante biancore e la provocante sensualità della sequenza onirica sono il momento più intenso e rappresentativo.
Inizia con l'omicidio di una prostituta (ma è qualcun'altra che doveva morire al suo posto) e prosegue in spazi atemporali. Il protagonista ha un rapporto insano con la propria donna (fanno l'amore senza complicazioni sentimentali, prendendo il massimo del piacere ognuno dall'altro) ed è soggetto a strane ossessioni. La pellicola di Bergman si fa apprezzare soprattutto per la regia e i chiaroscuri, ma risulta troppo psicologica e drammatica. Le marionette sono gli uomini che vivono senza amore in questo mondo superficiale. Torvo.
Un profondo senso di distacco trasforma i rapporti in una sequenza di gesti angoscianti che si trascinano pesanti in un vicolo cieco. Nemmeno l'orgasmo può essere vissuto con gioia perché ottenuto per inerzia nell'indolenza esistenziale che scava solchi profondissimi tra le persone. I corpi si muovono inermi in un'atmosfera onirica che riveste tutto di bianco e di nero senza lasciar spazio ad alcuna sfumatura. Uno dei film più pessimisti di Bergman, ricco di monologhi degni di un'opera teatrale.
Un film drammatico complesso e non semplice da seguire, con dialoghi estenuanti a cui non è facile stare dietro. Il taglio che Bergman sceglie è fuorviante poiché lascia presagire una spiegazione conclusiva da buon giallo, ma non è questo il suo intento. Per tutto il tempo si respira una sferzante disperazione che attanaglia ogni figura, priva di anima e speranza di redenzione, a cui il paragone con le marionette sembra addirsi alla perfezione. Ha bisogno della giusta predisposizione a dovuta attenzione, altrimenti si rischia di non capirlo.
Nel prologo a colori, un uomo strangola una prostituta. Gli avvenimenti antecedenti il delitto sono narrati in un bianco e nero tanto nitido da risultare spietato attraverso capitoli di forte impronta teatrale in questo film tra i più cupi e pessimisti del regista: ancora una volta, il nucleo centrale è la necrosi di un matrimonio alto-borghese ma la sensazione di inutilità, l'incapacità di amare, il terrore della vecchiaia e della morte permeano tutti i personaggi ed anche il ricordo dell'infanzia, in altre occasioni oasi felice, qui è solo un peluche spelacchiato.
MEMORABILE: La confessione allo specchio del collega omosessuale.
Frammenti nella vita di un uomo prima e dopo la “catastrofe”, cioè l’omicidio di una prostituta. Film concettualmente claustrofobico, dove gli ingredienti di noia borghese, stallo coniugale (con sofferta pista gay) e inquietudine esistenziale (sete di vita vs pulsione di morte) si mescolano sul filo delle mezze verità e del rapporto sogno-realtà. L’esplorazione interiore è svolta in un ‘bergmaniano’ b/n (con struttura investigativa alla Rito) lasciando il colore della cronaca all’inizio e alla fine. Marionette, che passione (per dirla con Rosso)!
Alcuni registi peggiorano le proprie produzioni col passare del tempo. Ingmar Bergman sembra non invecchiare mai, e lo conferma anche in questo suo penultimo film, bellissimo, simbolico, ricco di scelte registiche di estremo interesse e di lunghi dialoghi in piano sequenza, spesso con sé stessi. Un omicidio di stampo borghese viene qui decostruito e ricostruito, spezzando il tempo e facendolo narrare per la maggior parte della durata da persone estranee al delitto. Cast come sempre perfetto per la poetica bergmaniana. Con un epilogo a colori che è un autentico capolavoro.
Ingmar Bergman HA DIRETTO ANCHE...
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DiscussioneZender • 20/05/19 14:11 Capo scrivano - 47701 interventi
Sì, in effetti esiste anche la locandina cinematografica, che ho sostituito alla vecchia estera. Capitato più volte che film tv escano poi da noi al cienema.
DiscussioneRaremirko • 26/07/20 19:56 Call center Davinotti - 3862 interventi
Tra i migliori film del maestro svedese da me visti, cupo ed intenso come non mai.
100 minuti lenti ma pieni come quasi in nessun altro film, caratterizzati da un bianco e nero devastante e tanti momenti a tinte forti, più degni di un regista di genere che del maestro, che comunque li ha saputi dirigere alla perfezione.
DiscussioneZender • 2/01/21 17:28 Capo scrivano - 47701 interventi