Tatami - una donna in lotta per la libertà - Film (2023)

Ai campionati mondiali di judo in Georgia, alla rappresentante iraniana viene proibito di gareggiare con Israele (non si saprà mai il perché), scoprendo le carte di un sistema repressivo inviolabile; ma la campionessa non demorderà, in nome delle sacre regole dello sport e in barba al regime dittatoriale. Un film ovviamente politico che, ancora una volta, smaschera l’obbrobrio di una società maschilista e medioevale che se ne infischia dei valori democratici. Un film sugli sporchi giochi che pilotano lo sport, girato da una regista iraniana e uno israeliano, felicemente insieme.

Cinema, sport e politica: una formula collaudata, nonché una reazione chimica capace di accendere partecipazione a rendere. La novità questa volta è il Campionato mondiale di judo femminile, con focus su una concorrente iraniana, manipolata dal sistema finanche nell'agone sportivo. Per l'efficace bianco e nero ricorda Stasera ho vinto anch'io in cui il match era stabilito a monte dal crimine organizzato. Qui la posta in gioco è più alta: si configurano scenari politici e istanze di emancipazione femminile di stringente attualità che dirottano il finale nel thriller ad alta tensione.

Iran. Una giovane promessa del judo deve ritirarsi dal campionato altrimenti... La rinuncia dei colori fa sprofondare lo spettatore in un mood soffocante (Shime Waza), arti marziali senza massime di saggezza, incontri frenetici in cui concentrazione fa coppia con ingegno ed equivale a stress efferato. A condire tutto è l'eterna testardaggine della protagonista, che si ostina a combattere mettendo in pericolo l'incolumità sua e dell'istruttrice. Ottimo utilizzo della suspense: il nemico è invisibile, fonde terrore tramite un telefono e ogni squillo trasmette una tensione immane.