Influencer reincontra un'amica d'infanzia; invitata a un party, si trova fronteggiare una vecchia rivale... Tra lo psycho-thriller e il teen-slasher tout-court, un lavoro australiano che affronta temi da generazione Z come il bullismo e l'ipocrisia dei guru da social; tra slanci di humour nero e momenti splatter, nulla di nuovo, se non la confezione colorata e più curata della media. Restano qualche scena spassosa e qualche fiocinata abbastanza cinica ai giovani d'oggi, ma è un prodotto come tanti che, tolto il valore di entertainment momentaneo, verrà scordato in fretta.
Influencer ritrova l'amica del cuore d'infanzia e viene invitata a una festa ma emergono vecchie storie di bullismo al femminile. Pellicola che analizza e allegorizza in maniera brutale il lato oscuro e non noto che può rivelarsi dietro la patina digitale del mondo degli influencer. Cura dell'immagine, colori sgargianti, dinamiche buone, gore e violenza non mancano, ma probabilmente la sceneggiatura aveva bisogno di qualcosa in più poiché, dopo il primo fattaccio, tutto scorre quasi prevedibilmente; interessante l'analisi flashback dei ricordi d'infanzia e la scatola del tempo.
Black comedy australiana estrosa ma imperfetta, che se da una parte sprigiona efficaci vampate di humour nero disagiante (i primi piani frontali durante le scene di dialogo, la caricaturale sgradevolezza dei personaggi), dall'altra si perde in piccoli vezzi stilistici che mal si amalgamano al resto (gli ingenui flash sulle pupille dilatate a sottolineare la dipendenza dai social, l'approssimativa frivolezza favolistica in cui si presume dovrebbe muoversi l'antieroina). Ottimi momenti di regia compensano varie banalità, il gore eclissa le gag più infantili: una visione la si può dare.
MEMORABILE: L'incidente fra bambine in tutta la sua esplicita ferocia; Sbalzata fuori dal finestrino e finita con una pietosa spremuta cranica; Il finale perfido.
La confusiva compenetrazione tra persona e personaggio, volto e maschera, ombra e corpo, realtà e surrogato, trauma e idealismo, Sissy come imperatrice, sissy come femminuccia. E già Bava ci disse-dimostrò cosa accade a dare di continuo della femminuccia a un bambino. Barlow/Senses ce lo ripetono nell'era Thélematica dove ogni underdog licantropeggia trovando i propri upsets, in un bully and slasherevenge che si psichimprime per il gonflage splatter, ahinoi zavorrato/assimilato dal paternalismo facilone indirizzato ai social quale privilegiata porzione dell'attestato esistenziale.
MEMORABILE: Paletta; "La cosa più umana da fare"; Testa come tempera Sguish; "Grazie".
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