Terroristico e post-sessantottino. Al di là del tema principale, piuttosto risaputo e già ampiamente (e meglio) trattato altrove, il film si segnala per la buona messa in scena: scenografie oniriche, voci fuori campo che rievocano e commentano, riflessività e le incisive interpretazioni della versatile Vitti e del ribelle Clémenti. Musiche di Gaslini.
Extraparlamentare e (quasi) extratemporale. Lodevole l'originalità delle intenzioni: raccontare lo scontro tra opposti estremismi politici con un linguaggio assolutamente non naturalistico. Il risultato... un guazzabuglio fanta-politico, condito da dissertazioni filosofiche e teologiche. Potenza narrativa, minima. Vitti e Clementi molto al di sotto della loro media.
Strano film, che comunque non mi ha annoiato come invece temevo prima di iniziare a vederlo. Girato e montato a colpi di lunghissimi piani-sequenza con dialoghi aggiustati al montaggio (e la voce di Monica Vitti non è nemmeno la sua!), in certi momenti si lascia andare ad un umorismo davvero fuori luogo, mentre quando tocca le corde più drammatiche va già meglio. Inquietante Clementi, come spesso del resto.
Politicizzato al massimo (si sentono canzoni comuniste, tra le quali riconosciamo la famosa "Contessa" di Pietrangeli). Non male l'interpretazione dei due personaggi (Clementi e Monica Vitti) ma film che francamente non lascia il segno. Insipido, diciamo mediocre.
Altre volte non l'avevo afferrato, ma questa volta mi è piaciuto. Slogan, carisma della Vitti e di Clementi a parte, troviamo una visionarietà diffusa che lascia un taglio interpretativo libero a chi lo vede e già questo è buono. Inoltre si toccano fenomeni internazionali presenti più che mai in Italia, anche se ancora agli albori nel '70 e dei quali si parlerà, neanche per esteso, solo alla caduta del muro di Berlino...
Il film segna l'inizio della parabola discendente di Jancsò dopo essersi rivelato al mondo con pellicole ben più interessanti e riuscite. Come in passato la matrice della pellicola è politica, ma qui lo stile sobrio e rigoroso dell'ungherese è solo un lontano ricordo. Siamo invece dinanzi ad un pasticcio di grandi proporzioni che si prende troppo sul serio anche se prova a smorzare questo aspetto con qualche coloritura ironica non sempre riuscita. Meglio lasciar perdere anche i "discorsi" politici, spesso risibili e raffazzonati. La Vitti e Clementi sottotono. Bruttura d'autore.
Jancsó come al solito la mette sul politico cercando di evidenziare le contraddizioni del '68 che stava per dar vita agli Anni di piombo. A far crollare l'operazione è il tono intimo e quasi impalpabile esasperato dalla voce fuori campo dei protagonisti che diventa una sorta di inutile erlebte Rede. Le vicende sono affidate a loro stesse con qualche battuta che cerca di spezzare un'inesistente tensione mentre il cast, smarrito, sembra eseguire controvoglia le direttive della regia senza comprenderle del tutto. Un passo falso del bravo regista ungherese che ci si può risparmiare.
Miklós Jancsó HA DIRETTO ANCHE...
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HomevideoXtron • 28/07/14 11:09 Servizio caffè - 2233 interventi
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