Noir rumeno, ambientato in un'isola delle Canarie (la Gomera del titolo originale), che ha la sua freccia più originale e divertente, nella lingua dei fischi che viene usata dai protagonisti per non farsi capire dalla polizia. I canoni del genere vengono rispettati ed anche se la storia non è molto originale è però godibile, ben raccontata e ben gestita nei suoi continui andirivieni temporali. La sceneggiatura ha qualche piccola smagliatura. Il finale non è così scontato come si potrebbe aspettare. Visivamente, molto bello l'epilogo.
L'assodatissimo binomio tra polizia e corruzione che avvolge molto del cinema rumeno contemporaneo fa un passo in avanti, in direzione di un sofisticato noir d'ambientazione isolana in cui non sempre è chiaro chi siano le vittime e chi, invece, i carnefici. Sprazzi di umorismo nero (il regista in cerca di nuove location per il suo prossimo film), vampe splatter e un leggero sottotesto politico non rimescolano granché le carte in tavola: la scrittura, anche se un po' discontinua, rimane di buon livello. Interessante l'epilogo.
Poliziotto corrotto viene implicato in un piano per far evadere un trafficante di droga che prevede l'utilizzo di un linguaggio che pochissimi conoscono.. Thriller rumeno in cui, al di là della trovata originale dei fischi, a colpire non è tanto la trama quanto l'eleganza della messa in scena, evidente sia punto di vista visivo con inquadrature curate nei dettagli che sotto il profilo sonoro (splendido il mix nella ost). Richiede pazienza perché a tratti non è facile capire come sono schierati tutti i personaggi in campo, ma ripaga con un epilogo di inaspettato romanticismo.
MEMORABILE: Il dono del prete; Nell'epilogo, il colpo di pistola all'esterno viene mascherato da quelli sparati nel film proiettato in tv.
Porumboiu è abile nel mescolare personalità e furbizia. Già l'assunto del linguaggio dei fischi è più una trovata pubblicitaria che qualcosa di essenziale. Aggiungiamo una femme fatale subito generosa, quegli spezzoni di vecchi film che fanno tanto cinema d'autore e la suddivisione in atti. Si può definire un noir moderno che sa osare e nel quale si rimescolano continuamente le carte ma che esagera con il tutti contro tutti, mettendo a rischio la credibilità ed essenzialità di alcuni personaggi (Paco, Alin, Kiko). Non mancano comunque battute taglienti e riuscite.
MEMORABILE: L'aria musicale per educare i clienti; Scontro istituzionale sulla scena del crimine.
Produzione rumena ma ambientazione alle Canarie per un thriller/noir in cui l'originale trovata del linguaggio dei fischi funge da pretesto per mettere in piedi una storia alquanto complessa, in cui tra flashback e doppi giochi non è facile comprendere gli schieramenti in campo. Bella confezione, numerosi omaggi cinefili e musicali, e seconda parte più veloce della prima, anche se l'epilogo romantico suona forzato. In un cast di brutti ceffi (compreso il pur bravo protagonista) spiccano l'eleganza della poliziotta Lazar e soprattutto la clamorosa bellezza della Marlon.
Thriller rumeno ambientato in parte in un’isola delle Canarie e con un’idea molto originale di fondo, quella del linguaggio dei fischi. La trama è un po’ troppo contorta, ma il film è molto interessante dal punto di vista visivo, con un uso ricercato delle location, specchio del talento del regista che spicca anche per la buona direzione degli attori, con un talentuoso interprete maschile. Particolarmente godibile la colonna sonora. Un film riuscito.
Film interessante e curioso, anche se non riuscito al 100%. L'idea di ambientare parte della vicenda a La Gomera per far imparare al personaggio principale il linguaggio dei fischi (tipico di quella regione) è assai originale, anche se tutto sommato si rivela più una bizzarria che una vera necessità narrativa. La trama è piuttosto complessa, tanto che arrivati a fine visione sorge il dubbio che non tutto sia così chiaro e il regista ci mette del suo (intersecando vari piani temporali) per rendere la comprensione più ardua possibile. Il risultato finale comunque è discreto.
Più interessante sulla carta che nel risultato finale. L'idea del linguaggio dei fischi è apprezzabile ma annega in una trama esageratamente intricata con vari personaggi (fra i quali alcuni doppiogiochisti) che rendono il tutto spesso difficile da seguire. Buona invece la messa in scena, con sequenze di grande impatto visivo e molto curati i caratteri (splendida e letale Gilda), il tutto con una colonna sonora coraggiosa negli accostamenti ma accattivante. Insolito, imperfetto, meritevole di una possibilità.
Decostruttivo analecta di un colpo affidato a un'impenetrabile alloglossia fonetica, altresì logaritmo di pluriprospettici inganni (i fischi per fiaschi!). In gioco 30 milioni, quasi pari ai narratologici frantumi di caliginosa vis ricompositiva: la clastia fabulistica del lessicomane Porumboiu non trova felici sodali in una ritmo chewingummoso e dematerializza le sue diamantine prototipie; di Tarantino non ha la scapigliata grazia né la densa levità e dei Coen manca il respiro amaramente ironico. Seccante la ost a tutta lirica, per darsi ancora più arie. Ma un che di anaerobico c'è.
Noir rumeno ambientato tra le Canarie e Bucarest. L'espediente del Silbo ha anche un suo perché ma finisce per essere ammutolito dalla solita storia da tutti contro tutti: alla fine la vittima più grande è il povero spettatore che finisce per capirci poco, tra poliziotti corrotti, una femme fatale e spagnoli cattivi. Porumboiu ci mette indubbiamente un certo stile, con la sua regia morbida e notturna, ma quando comincia a incrociare anche i piani temporali la faccenda si complica ulteriormente e forse anche inutilmente. Non del tutto riuscito ma con una certa classe.
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