L'ultima settimana di settembre - Film (2024)

L'ultima settimana di settembre
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MMJ Davinotti jr
Anno: 2024
Genere: drammatico (colore)
Note: Tratto dal romanzo omonimo di Lorenzo Licalzi (2015).

Volti del cinema italiano nel cast VOLTI ITALIANI NEL CAST Volti del cinema italiano nel cast

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

"Ho fatto una vita da egoista e muoio da egoista": così la pensa Pietro Rinaldi, ex scrittore caustico (il titolo del suo ultimo libro, "Andatevene tutti affanculo", si può dire abbastanza esplicativo) che il giorno del suo compleanno medita di suicidarsi apprestandosi a compiere il gesto a colpi di pastiglie in una stanza che comunica tutto della sua solitudine. Morta la moglie tempo prima, non ha mai saputo riprendersi. Il solo motivo di felicità è l’unica figlia che tuttavia, ironia della sorte, è appena morta in un incidente stradale col marito. La notizia sconvolge Pietro, che abbandona i propositi di suicidio e si ritrova tra capo e...Leggi tutto collo il nipote Mattia (Venditti), sedicenne che nemmeno l'ha mai chiamato nonno. Un rapporto conflittuale, come ormai pare quasi impossibile evitare quando si raccontano le nuove generazioni.

Mattia, comprensibilmente turbato dalla perdita dei genitori, evita il confronto, si chiude in se stesso, e Pietro capisce di essere troppo vecchio per poter badare a lui. Per questo, quando telefona il fratello del genero (persona della cui esistenza nemmeno era al corrente) capisce che, molto più giovane, potrebbe essere lui ad occuparsi del ragazzo. Quello pare ben felice di accollarsi Mattia; così Pietro, insieme al nipote, parte dalla Puglia con la sua Citroën DS Pallas (una vera auto d'epoca, icona di stile cui venne pure dedicato un intero film) per raggiungere lo yacht del genero, che li aspetta.

Sono previste dieci ore di viaggio; non solo perché l'auto non può certo raggiungere velocità elevate, ma anche perché Pietro evita le autostrade per non incrociare camionisti, una delle categorie di persone che non sopporta e che scrupolosamente sono tutte annotate in un suo libriccino: chi fa la comparsa per mestiere, chi fa le virgolette con le dita mentre parla, i maschilisti, le femministe, gli autostoppisti... tutti nella lista nera che l'uomo orgogliosamente fa leggere a Mattia spingendolo a compilarne una di propria. Un modo per entrare in contatto con una mente distante anni luce dalla sua in quello che sarà un reciproco, costante avvicinarsi e allontanarsi. Il nonno in modo più maturo, il nipote più istintivo: non si odiano, ma spesso mal si sopportano. Tuttavia lentamente (e prevedibilmente) gli attriti si smusseranno, subentrerà una certa tenerezza e la comunicazione tra i due si avvierà.

Nulla di nuovo, e questo è immediatamente chiaro, ma se dalla tua parte hai un eccellente attore come Abatantuono, abbonato da anni ai ruoli di cinico massimo e che con uno sguardo trasmette quello che in molti nemmeno con le parole riescono, sei già sulla strada giusta. Bisognava però rimanerci, cosa che invece qui si fatica a fare. Si deraglia spesso e volentieri in divagazioni superflue, si aggiungono personaggi che sembrano piazzati in mezzo senza gran costrutto e goffamente tratteggiati (quello della Nissen in primis), si inserisce una storiella d'amore tra ragazzi che si consuma tra banalità francamente evitabili mettendo in luce un Venditti ancora acerbo, si chiude nel modo più scontato che si potesse immaginare.

Peccato, perché il personaggio dello scrittore misantropo così ben portato in scena da Abatantuono avrebbe meritato di più, anche in considerazione di una direzione comunque capace di contenerne l'esuberanza. E' però penalizzato una una sceneggiatura incerta, che il regista esordiente Gianni De Blasi trae dall'omonimo romanzo di Lorenzo Licalzi con l'aiuto di Antonella Gaeta e Pippo Mezzapesa. Qualche bella idea non manca, la figura del protagonista è messa bene a fuoco, le colonna sonora con prevalenza di piano e violino si sposa discretamente alle immagini, ma si avverte qualche imbarazzo di troppo nella gestione di frasi e situazioni che meritavano di apparire più sincere. Un paio di concessioni un po' forzate al passato (il mangiacassette e i "Pugni chiusi" dei Ribelli di Demetrio Stratos), per fortuna nulla che comunque appaia eccessavamente fasullo. Ritmi bassi, scarsa grinta, una monotonia di fondo che ci porta sempre a sperare che accada qualcosa di imprevisto. Niente da fare. Ci si aggrappa all'ironia tagliente di Abatantuono, ancora una volta efficacissima e principale atout del film.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 14/09/24 DAL DAVINOTTI
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Markus 14/09/24 14:14 - 3723 commenti

I gusti di Markus

De Blasi sceglie la via dell'adattamento di un romanzo per esordire in un lungometraggio che ha il fulcro nella figura di Abatantuono, sempre carismatico attore che spesso si è concesso alle giovani leve del cinema. Il ruolo di nonno dell'attore milanese che volente o dolente deve adottare un teenager gli è per carattere congeniale, la magagna arriva tuttavia col coprotagonista Venditti, che vista la giovane età risulta acerbo e a tratti mal posto. La virata sentimentale "alla Moccia" della seconda parte tra il Venditti e la graziosa Losito fredda quel poco di buono fatto fin lì.
MEMORABILE: La lista degli antipatici redatta da Abatantuono.

Gabrius79 16/09/24 09:08 - 1450 commenti

I gusti di Gabrius79

Film piuttosto monotono dovuto a una sceneggiatura priva di slanci e dettato da ritmi piuttosto lenti che non regalano mai un vero e proprio sussulto per ravvivare la pellicola. In effetti si vola bassi ed è solo grazie a Abatantuono se il film riesce a stare in piedi, grazie a qualche piccolo graffio ironico. Ancora acerbo Biagio Venditti mentre il resto del cast non viene mai messo bene a fuoco; spesso appaiono personaggi che sembrano presi e messi lì. Discrete le musiche e nulla più.

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