Giornalista francese in trasferta teutonica s’insinua nella vita di connazionale sposata all’affermato scrittore Hartman; il menage conoscerà un tragico scioglimento. Tra gli esiti meno noti della filmografia chabroliana anni ‘60, esprime per la prima volta compiutamente quel contorto sentimento antiborghese destinato a diventarne una costante tematica, sviluppato qui attraverso l’invidioso astio (sociale ma anche sentimentale) di un frustrato senza causa (uno Charrier troppo odiosamente monolitico). Statuaria la Audran, etilico Reyer. Impietoso il finale.
MEMORABILE: L’impassibilità della Audran davanti alla confessione dell’innamorati Charrier; Le straordinarie gambe di Stephane Audran.
Un modesto giornalista con velleità di scrittore in trasferta in Baviera si insinua con sempre più determinazione nella vita di una coppia borghese invidiandone lo stile di vita e l'affetto che si dimostrano, fino alla persecuzione e a un vero e proprio stalkeraggio. Un dramma psicologico di un personaggio mistificatore anche con se stesso che Chabrol segue da par suo in contrapposizione con la felice ambiguità della routine domestica e soprattutto della figura di Hélène, ben disegnata da Audran nella sua apparente inscalfibilità. Efficace la voce off che esprime i rovelli di Albin.
Il frustrato Albin vorrebbe essere uno scrittore di successo come Andreas, possedere la sua bella casa, soprattutto essere amato da sua moglie, la bellissima Hélène e per questo si insinua nella vita della coppia, in apparenza felice... Anche se il protagonista nega di provare questo sentimento, un piccolo trattato sull'invidia (sociale e sentimentale) come tarlo che corrode la vita altrui oltre che la propria. Regia già tagliente, raffinata messa in scena, tris attoriale perfetto in cui, in mezzo ai due maschi opposti e speculari, rifulge il volto enigmatico di Audran.
MEMORABILE: La fredda cortesia con cui Hélène reagisce alla dichiarazione d'amore di Albin; L'epilogo.
Un trattato sull'invidia (nelle sue varie colorazioni) che vorrebbe uniformare l'esistenza altrui alla propria vita di mediocrità e impotenza. Chabrol lavora sull'essenziale, registrando dapprima il disgusto del protagonista verso sé stesso (peraltro isolato in un paese straniero) e, quindi, attuando un'indagine scabra e spietata sull'unico risarcimento che questi può avere: la distruzione della serenità e dell'amore di chi si guarda con malanimo. E la menzogna contagia, tuttavia, anche gli altri dipingendo un mondo in cui proprio la felicità appare quale finzione. Ottimo cast.
Claude Chabrol HA DIRETTO ANCHE...
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