Curiosità
Undying • 14/02/08 22:01
Comunicazione esterna - 7569 interventi W.I.P. (Women in Prison) e Nazi-Erotico: cambia il contesto, non il contenuto
Partendo dal presupposto che non tutti sono accaniti a tal punto da conoscere il gergo cinematografico, vuoi per questioni di tempo (che allontana dalla visione dei film), vuoi per scarso interesse verso i media (TV, DVD, ecc.)
Greta la Donna Bestia offre l'occasione per spiegare che il termine
W.I.P. (acronimo di
Women in Prison) sta a designare una tipologia di pellicole ascrivibili al filone "carcerario" della sexploitation, diffuso verso la metà degli anni '70, ma che si protrae sino oltre agli anni '80.
Questo esempio è frutto di una co-produzione USA-Svizzera-Germania, ma in patria abbiamo diversi titoli che possono essere paragonati - per contenuto, ovvero donne in prigione e relative torture (solitamente da parte di altre femmine) - alla serie di
Ilsa.
Non è un caso che titoli tipo
Perverse oltre le Sbarre (1984) o
Detenute Violente (1985: ultimi esemplari
W.I.P., prima della definitiva "immersione" per il cinema di produzione italiana) siano sceneggiati da
Sergio Garrone (fratello del celebre e simpatico caratterista
Riccardo Garrone), autore che già aveva percorso il medesimo tema (ma con ambientazione lievemente diversa) nei deliranti (sin dai titoli) nazi tipo
Lager SSadis Kastrat Kommandantur(1976) o
SS Lager 5: L'inferno delle Donne (1977).
Per l'ennesima volta è dimostrato che il cinema italiano, negli anni '70, era in grado (nel bene o nel male) di riciclarsi e rinnovarsi, passando da un genere (l'
Eros-Svastika) ad un altro (il
W.I.P.) senza "colpo ferire".
En passant: se si parla di W.I.P., non è possibile non menzionare
Violenza in un Carcere Femminile (1982), sorta di quintessenza (espressa anche nel titolo) diretta da
Bruno Mattei (altro esperto del filone nazi, in realtà "genere" anticipatore del
W.I.P.).