Good manners - Film (2017)

Un’opera cangiante nella sua linearità: una favola horror di licantropia urbana, che scavalla i generi, dal mélo erotico della storia d’amore lesbica tra la donna incinta e la domestica, al coming of age del bambino iper-protetto alla ricerca dei veri genitori, passando per l’accenno al film musicale con le due canzoni che irrompono dolci e inattese. Un mito epico dal ritmo sinuosamente lento e ipnotico, capace di improvvisi e disturbanti scarti per immetterci nei torbidi recessi dell’esistenza attraverso simbologie segrete e ardite. Affascinante.

Horror carioca dai toni fiabeschi e drammatici, con tanto di lupo mannaro bambino. Più che sugli elementi e sui risvolti orrorifici, punta sulla psicologia dei personaggi e sul rapporto madre (anche surrogata) figlio che, come si sa, va al di là di tutto. La storia non è una gran cosa, soprattutto in quanto ad originalità, ma è ben confezionata. L'elemento di "novità" consiste nell'innesto di alcune canzoni che fanno procedere la narrazione. Ottima la prova, sofferta, della protagonista.

Una bella e facoltosa ragazza incinta di San Paolo assume una giovane donna di colore affinché si prenda cura di lei e della casa. La gravidanza però è più difficile del previsto e la neo assunta si troverà di fronte a qualcosa di inimmaginabile. Difficile catalogare un'opera come quella di Marco Dutra e Juliana Rojas perché parte come un film drammatico e via scorrendo diventa qualcosa che non ti aspetti ma che si avvicina molto all'horror. La prima parte, quella dell'attesa, è preferibile alle seconda anche perché carica di mistero e morbosità.

Per chi si è domandato che scaturigini hanno certe difformità mitologiche, che turbolenta infanzia e che stirpe degenere abbia avuto alle spalle l'uomo lupo, Dutra e Rojas accorrono a colmare una curiosa lacuna. Più interessante ancora è il colmarla fondendo l'orrore licantropesco col più spinto naturalismo, come se l'uno fosse, al di là della metafora sempre in agguato sulla biodiversità, elemento fondativo della quotidianità e viceversa, attraverso bislacchi capricci musical e fumettistici cui si accoda il capitale problema del ricorso a certo slowtempo di derivazione portoghese.