Attraverso l'intreccio tra passato e presente, l'ascesa sociale di un ragazzo che riesce ad entrare a Yale nonostante provenga da una famiglia rurale del Sud ed abbia una madre tossica che cambia continuamente casa e compagno. L'esito è scontato dato che è lui stesso a narrare la sua storia, tratta da un best seller autobiografico. Questa prevedibilità di fondo è uno dei difetti di un film diretto e interpretato con professionalità ma troppo simile a tanti altri incentrati sull'American dream e sull'esaltazione dei valori tradizionali, qui incarnati da nonna Glose. Illustrativo.
Tra dramma e biopic (è basato sulle memorie di un ragazzo), una produzione Netflix che racconta una storia di vita familiare del profondo sud degli Stati Uniti tra gli anni '80 e oggi, in un continuo alternarsi tra flashback dell'infanzia e ritorni al presente; storie di droga, povertà, fallimenti ma anche di valori e rinascita, in un'elegia del sogno americano di cui Howard è esperto cantore. Tutto già visto e la retorica è evidente ma il film è salvato dalle prove attoriali, tutte ottime (specialmente la Close), con una somiglianza ai personaggi reali davvero impressionante.
L' America profonda della provincia fa da sfondo alle vicende di una famiglia dalla forte impronta matriarcale. Ron Howard, cantore americano per eccellenza, dirige una storia dal forte impatto drammatico in cui abbondano però la retorica e gli stereotipi nella caratterizzazione dei personaggi. Funzionano l'ambientazione e la prova del cast, che annovera una grande Glenn Close e una brava (anche se a volte troppo "urlata") Amy Adams. Bravo il giovane Gabriel Basso, personaggio ispirato all'autore del romanzo da cui è tratto il film.
Storia che probabilmente purtroppo accumuna molti americani (e non solo) che però dà speranza e può incentivare a reagire d ifronte a determinate avversità nelle quali ci si ritrova senza volere. Sicuramente nel cast è Glenn Close quella che tiene maggiormente in piedi il film grazie a un'ottima interpretazione. A tratti lento ma nel complesso più che passabile.
Ennesima storia sulla formazione e sul sogno americano. Tutti gli stereotipi e i cliché che ci si possono aspettare da una storia del genere qui non mancano. La durata di quasi due ore sembra eccessiva e la scontatezza di un finale altamente prevedibile non riesce a coinvolgere più di tanto. Ottime le interpretazioni di Glenn Close e soprattutto di Amy Adams. Colonna sonora così così.
Tratto dal best seller autobiografico di J. D.Vance, la classica storia americana di chi riesce ad avere successo nella vita nonostante le condizioni famigliari penalizzanti, che Howard porta sullo schermo radicalizzando oltremodo il concetto, con abbondante uso di enfasi retorica. Una storia vera che mostra per l'ennesima volta la cruda realtà rurale arretrata della provincia americana, da cui risulta molto duro riscattarsi. Molto convincente nel ruolo la Close.
E' tutto composto in maniera ordinata e professionale e non si può parlare di una regia anonima perché Howard ci prova a caratterizzare la storia e e mantenere il ritmo su livelli decorosi. Però è tutto dannatamente prevedibile e già visto, al cinema, come lo sono le tematiche della redenzione, del pagamento delle cure mediche e del colloquio nello studio di avvocati. E il ritmo paga le due ore che potevano essere tagliate soprattutto nella parte centrale e nei flashback.
Classico film medio americano, assolutamente privo di qualsiasi guizzo, che racconta la più classica delle storie americane con tanto di riscatto del giovane protagonista da una vita fatta di povertà, dolori e umiliazioni assortite. Non brutto certo e pure ben recitato, notevole la prova di Glenn Close mentre la Adams è un po' troppo sopra le righe, ma tutto è come ci si aspetterebbe, finale compreso, venendo così a mancare qualsiasi briciolo di pathos e di interesse concreto per ciò che succede sullo schermo.
Discutibile proprio laddove resta evidentemente un film "indiscusso" o comunque che si mette poco in discussione. Howard prende il bestseller memoir di Vance senza mai analizzarlo davvero, senza mai spiegare quel vuoto, quel "buco bianco" che J. D. è stato capace di riempire, dalla sua infanzia tradizionalmente disperata negli Appalachi alla (T)rampa di lancio sociale post Yale tra colloqui in studi prestigiosi e richiamo della foresta familiare. Gli stessi personaggi risultano così figurine più (Basso e Pinto) o meno (Adams e Close) stinte e l'elegia rischia lo spento panegirico.
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DiscussioneDaniela • 18/04/21 11:02 Gran Burattinaio - 5941 interventi
Doppia candidatura per Glen Close
Glen Close colleziona la sua ennesima candidatura all'Oscar, questa volta come migliore attrice non protagonista con questa Elegia americana in cui interpreta il ruolo della nonna-cardine della famiglia Vance. Il film è stato stroncato da buona parte della critica USA, che però ha generalmente "salvato" la prova di Close. Non sono stati dello stesso parere i selezionatori del Razzie Awards che l'hanno candidata come peggior attrice non protagonista per lo stesso ruolo.
Glen Close colleziona la sua ennesima candidatura all'Oscar, questa volta come migliore attrice non protagonista con questa Elegia americana in cui interpreta il ruolo della nonna-cardine della famiglia Vance. Il film è stato stroncato da buona parte della critica USA, che però ha generalmente "salvato" la prova di Close. Non sono stati dello stesso parere i selezionatori del Razzie Awards che l'hanno candidata come peggior attrice non protagonista per lo stesso ruolo.
Si, credo che sia la prima volta che un attore/attrice venga candidato, per lo stesso ruolo nello stesso film, sia al premio Oscar che al Razzie Awards.