Dream of a rarebit fiend - Corto (1906)

Dopo una grottesca abbuffata, il protagonista è colto dalle allucinazioni mentre cerca di tornare a casa e, una volta raggiunto il letto, il suo sonno sarà tormentato dagli incubi. Tirato per le lunghe in alcuni punti con l'inevitabile risultato di ripetersi, acquista valore nelle sequenze degli incubi, con i diavoletti in stile Méliès che tormentano la testa del protagonista e il volo notturno del letto.

Corto che a mio avviso funziona solamente nella parte finale e nel momento in cui escono i "diavoli" a disturbare il protagonista durante il sonno. Ben realizzato tecnicamente, dopo un inizio poco esaltante offre perlomeno allo spettatore una degna chiusura.

Dopo aver mangiato e bevuto a crepapelle, il sonno è ovviamente molto agitato: è questo il succo di un corto che può assestarsi ai primordi della “comica”, di cui ha già le esagerazioni ma non ancora il ritmo. Così le varie gag si dilatano un po’ troppo, anche se la pellicola ci regala qualche bel momento: i diavoletti che tormentano la testa del poveraccio dormiente, ma soprattutto le immagini mosse della città (reale) per dare il senso dell’ubriacatura, e ancora la lunghissima panoramica metropolitana mentre il letto vola in cielo.

Un pasto pantagruelico è seguito da una digestione non troppo tranquilla. Un cortometraggio del 1906 che percorre la strada della comica con alcune riuscite suggestioni (specie nella parte finali) ma con uno svolgimento nel complesso troppo tirato per le lunghe ed una parte centrale (quella del protagonista sulla strada) decisamente noiosa.

Il titolo viene da una striscia fumettistica di notevole successo in cui fra le altre cose c'era una persona che volava sul suo letto. Anche qui la situazione viene riproposta e il protagnista è un uomo che avendo mangiato troppo fa indigestione; e qui il regista si scatena in una serie di peregrinazioni che sottolineano la visionarietà fra sbandamenti sbilenchi, voli pindarici e atterraggi particolari. Forse le situazioni dette sono tirate un po' per le lunghe, ma nel complesso la scenetta di sette minuti ha il suo perché.