Schramm • 18/02/25 16:13
Scrivano - 7844 interventiPre-prodotto nel 2011 e presentato per la prima volta in forma ibrida e incompiuta nel 2014 al Brussel International Fantastic Film Festival, l'horror antologico ha seriamente rischiato di non avere mai una definit(iv)a realizzazione e un'avanscoperta/circuitazione a causa di un arzigogolatissimo travaglio produttivo protrattosi fino al 2022, entro il quale la fanbase a fronte di numerosi annunci, teaser e trailer perse ogni speranza di una visione.
Dopo la suddetta sneak preview di un workprint-rough cut ancora abbozzato fischiata e stroncata senza pietà alla quasi unanimità, (cosa che già in sé inficiò il futuro dell'opera) il produttore optò per la ritirata strategica; in parallelo, rimasto orfano di maestranze e denari,
Aleksei Iskanov non è riuscito a concludere montare né rifinire il final cut e il sound design del suo contributo
Tochka (più un medio che un corto: così come era durava mezzora, probabilmente una volta ultimato sarebbe diventato film a sé) e non ha mai avuto modo di farlo poiché nel frattempo alcuni attori di esso sono spariti nel nulla e altri morti;
La seconda defezione è di
José Mojca Marins, che da principio rispose alla chiamata alle armi con un corto intitolato
Viral: dietro il suo forfait professionale le concause sono rimaste poco chiare; è purtroppo diventato assoluto lasciando questo mondo proprio quando era in trattative per poter rientrare in scaletta nel progetto.
Terzo grande assente è
Richard Stanley, il cui annunciato
Coltan non ha proprio visto neanche il primo giorno di riprese.
Come se non bastasse, il corto di
DiBlasi una volta ultimato è inizialmente andato smarrito e il
wraparound di quelli che sarebbero dovuti essere i 13 episodi è stato riscritto innumerevoli volte lungo 5 anni senza che ne venisse approvato uno valido da girare e senza nemmeno avere qualcuno disposto a farne partire le riprese (e a conti fatti lo si vede eccome: quello scelto per l'uscita finale fa decisamente schifo). In tutto ciò anche
Dora ha ritirato il proprio segmento dapprima semplicemente per rimontarlo a tempo perso, per poi decidere di farne un'opera totalmente diversa da quella di partenza.
Risultato: attorno al 2020 l'unico ideale modo di vederselo per il fan rimasto con l'acquolina in bocca era una casalinga versione DIY ottenuta sparandosi un binge di tutti gli episodi superstiti eventualmente rintracciati in rete, non fosse che nessuno di questi era isolatamente reperibile.
Ritrovato e rifinito il corto di DiBlasi e con un diverso riiarrangiamanto di Dora, accontentandosi di quel che si aveva per le mani e rinunciando a mal partito per gli assenti, il progetto imbarca nuovi nomi (tra i quali il nostro Stivaletti) e viene infine fatto salpare per festival e sale grazie all'
Unearthed Film.
Va detto che togliendo l'episodio-cornice concepito male (un bambino di 4 anni avrebbe sfornato un'idea mille volte migliore) e realizzato peggio,)tanta tribolazione produttiva non adombra l'insieme, i cui problemi sono ben altri: anzitutto un'evidente smania di lasciare lo spettatore annaspante a tutti i costi un ipergrafico colpo basso via l'altro, senza mai un albero maestro narrativo, che la sostanzi. A trionfare è da subito (e molto spesso) il gratuito sovraccarico torture per amor dell'estremo-di-per-sé, in un festino di smembramenti squartamenti sgozzamenti sbulbamenti cannibalismo condotto a passo di carica da uno
Schneider così preso nel travolgerci di autocisterne di sangue e tsunami di frattaglie cervella budella e torture varie da non rendersi conto che così esagerando manda subito in overload lasciando assuefatti già alla partenza, malgrado un elevatissimo tasso di depravazione. Per i meno avvezzi,è comunque un'atomica bomba goregalore da vedersi con sacchetto per il vomito pronto all'uso.
Con l'episodio di
Nishimura, sempre cannibalcentrico, le cose si raddrizzano un po' in grazia di una vis poetico-surreale (persino comica nel finale) che sublima l'eccesso - d'altronde tipico del suo cinema - appaiata a un forte senso di saturazione estetica: è l'unico segmento a cui si può dare una piena promozione.
Si torna a colare a picco per diversi motivi con i due contribuenti nostrani:
Deodato filma i tre minuti più insulsi e inoffensivi del pacchetto e spiace che il regista di uno dei caposaldi più scioccanti del nostro cinema finisca così poco in gloria;
Sergio Stivaletti è uno dei pochi che si sforza di dare una qualche solidità narativa agli incredibilissimi e impressionanti f/x ma spiace annotare che le sue capacità specialeffettistiche e quelle registiche sono inversamente proporzionali e finisce per essere il firmatario del segmento più brutto e insoluto subito dopo il wraparound. Si può anzi dire, per una volta, che era un'idea buona per un lungo.
Chi ha una qualche familiarità diretta o riflessa col cinema di
Boll e
Dora sa già bene quanto poco per il sottile siano soliti andare i nostri:: il primo concentra tutte le proprie energie su segregazione e incesto, il secondo non trova di meglio che provocare infantilmente con una iper-reale tracheotomia su un bambino con l'Horst Wessel lied e i comizi di Hitler in sottofondo, sempre ammantando enfaticamente il tutto da autorialità di ritorno.
Anche
Ryan Nicholson non ci va giù candido e piumato, col suo serial killer inaspettatamente spalleggiato dalla moglie e
DiBlasi sembra voler tornare dalle parti martirologiche già sondate da Laugier, dove punizione corporale e mistica vanno di pari passo.
Probabilmente l'unico episodio che ha dalla sua una portata narrativa thrilling-weird-metasomething è quello di
Nacho Vigalondo, interessante ma che lascia con l'impressione che manchi qualcosa a renderlo convincente e che anche stavolta non ritrova la felice vena dell'esordio cronocriminoso.
In definitiva, un disomogeneo assalto ai sensi, buono per gli adoratori del torture for the mere sake of it, meno per chi cerca in esso una ragion d'essere capace di sorreggerlo. se non per Iskanov, resta il rimpianto di non poter verificare se Stanley e Marins avrebbero davvero fatto la differenza in un contesto simile.
Schramm