Note: Secondo episodio della trilogia di Kobayashi sul coinvolgimento nipponico nella seconda guerra mondiale dopo "Nessun amore è più grande - La condizione umana". Inedito su grande schermo in Italia, il film è andato in onda per la prima volta in TV sul notturno Fuori orario di Rai tre.
Arruolato nell'esercito giapponese, Kaji va incontro a un nuovo fallimento personale prendendo sotto la sua ala protettiva il debole Obara, che finirà suicida per le angherie dei compagni. L'affresco bellico di Kobayashi compendia vieppiù in questo secondo capitolo de La condizione umana sia la rappresentazione impietosa della vita militare nipponica che il ritratto articolatissimo d'un protagonista i cui ideali di lealtà e pacifismo devon scendere a patti col degrado senza fine della guerra. Violaceo b/n di Miyajima e lirico score di Chuji Kinoshita.
Arruolato nell'esercito nipponico, Kaji prova a portarvi il suo umanesimo: impresa molto ardua. Straordinario secondo capitolo, coraggiosamente in anticipo sui tempi (soprattutto se si pensa al Giappone di oltre sessant'anni fa) per il suo fortissimo e chiaro afflato antimilitarista che si scaglia prima ancora che contro la guerra, contro le logiche folli e crudeli dei militari (si veda la descrizione della vita in caserma). E così continua la maturazione del protagonista che presenta una psicologia per nulla manichea: né bianca né nera. E ciò la rende umana, intrigante e molto sfaccettata.
MEMORABILE: Il suicidio nella latrina.
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Non trovi che ad ampi tratti tratti ricordi Full Metal Jacket di Kubrick? O forse sarebbe meglio dire il contrario, viste le datazioni della pellicola.
Io ho trovato diversi punti di contatti: ovviamente penso soprattutto alla figura della recluta maltrattata che, se ti ricordi, fa la stessa fine di
Ehila Cotola,son intanto molto contento di veder il tuo commento sulla trilogia di Kobayashi, regista straordinario che in questa impresa ha messo molto del suo essere Uomo oltreché cineasta.Effettivamente il piano dell'opera anticipa diverse tematiche Kubrickiane(penso a Paths of glory insieme e prima di Full metal jacket), anche se Kobayashi rispetto al rigido controllo di Stan qui ha speso (e rischiato) molto del suo umanitarismo, mettendo a nudo il suo protagonista ed il suo film rendendoli sì più fragili ma pure più preziosi