Giovane immigrato a New York sogna di tornare a Santo Domingo, ma molti affetti lo trattengono. Trama estremamente semplice per un adattamento cinematografico che non ha ragione di esistere, dal momento che i dialoghi sono pochi e la (bella) musica con relative coreografie azzeccate è la vera protagonista (più di qualche personaggio simpatico come Usnavi, l'anziana del barrio e la bella estetista sognatrice). Il cast è ben scelto, ma due ore sono comunque troppe e la noia finisce per prendere il sopravvento.
Ottima trasposizione, in strade, piscine, piazze e... pareti dei palazzi (!) di tutto ciò che non poteva essere racchiuso nelle quinte di un teatro a Broadway. Tra cui: luce, aria, afa, calore, resi benissimo. Musiche stupende di Miranda, bravissimi gli attori per gestualità e mimica (Ramos, Beatriz, Barrera, Grace), ottimo il corpo di ballo, precisi i costumi. Inno alla "identità latinoamericana" negli Usa, e per analogia a tutte le comunità degli immigrati e i problemi delle "seconde generazioni" (e delle prime), con alcuni elementi peculiari.
MEMORABILE: "Wepa Vanessa!"; "Usnavi"; "da quando in qua il caldo spaventa i latinos?"; Ambientarsi a Stanford; Lui che cerca di aprire lo champagne; La parete.
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Nel film, ripetutamente, diversi personaggi affermano che da bambini pensavano che il quartiere newyorkese "Washington Heights" fosse in cima al mondo - quando il mondo era racchiuso in una mappa della metropolitana. In effetti, per tradizione, quasi tutte le mappe di Manhattan non sono orientate verso nord ma leggermente verso nord-nordest, talché il reticolato delle Avenues e delle Streets sembra allineato con i meridiani. Per questo effetto si crea la percezione diffusa che Washington Heights si trovi nella parte più in alto della mappa, anche sopra Harlem.