Notte da leonesse per l'addio al nubilato a Las Vegas, ma adesso il quartetto di pecorelle se ne torna in camper a casuccia, giusto il tempo di fare una sosta sotto gli occhi delle Colline (e dell'affamato, pazzissimo Max Seed). L'omone incappucciato del primo film si hooperizza, cravenizza e robzombizza in un Leatherface senza motosega portandosi dietro anche i neurolabili congiunti. Inutile e insensato sequel di un horror già di per sé discutibile, trasgressivamente montato come un puzzle cronologico senza criterio, tanto per rendere "alternativo" l'insalvabile. Encefalograficamente piatto.
MEMORABILE: Lo stupro con la rivoltella e lo sparo in vagina (!); il ragazzo strangolato da Max Seed con le sue stesse budella (!!)...
Se il film di Boll risultava brutale ma interessante, questo pseudo-sequel (girato sempre da un tedesco ma nella Death Valley) risulta poco più che un film amatoriale. Filmato tutto in digitale, probabilmente con una telecamera a spalla (a giudicare dal tremolio costante delle inquadrature); per il resto assistiamo a un mix di Non aprite quella porta, Le colline hanno gli occhi e La casa del diavolo, con un'aggiunta di truculenza negli SPFX. Trama sconnessa, montaggio finto-modernista. Si salvano la comparsata della Williams e, in parte, la OST.
Walz gira l'ennesimo remake di Le colline hanno gli occhi. Visto che la vicenda l'abbiamo vista in mille salse cerca di introdurre qualche novità, in particolare un montaggio che viola la consequenzialità cronologica, con salti avanti e indietro. Per un po' la cosa funziona, più che altro come innesto di aria nuova, ma poi diventa inutile e irritante. Non ci si risparmia sul gore e un paio di scene vanno giù duro (lo stupro/omicidio con la pistola o quando Seed strangola uno con le sue budella). Seed sarebbe un personaggio da sfruttare meglio.
Cosa c’entri Max Seed e il primo (buon) capitolo con questo Colline hanno gli occhi familiare e misticheggiante solo una qualche logica deviata di mercato può spiegarlo. L’esito è tragico: le scene paiono pezzi di un puzzle sparpagliati sulla tavola in attesa di essere uniti, le quattro sgallettate siliconate recitano male, non ci sono le basi per una regia di tal nome, il minimo sindacale di logica va a zonzo bendato. Improponibile, come il montaggio o il finale fintamente cool. Evitare con ostinazione.
Dimenticatevi il primo capitolo (che giá brillava poco) perché qui, oltre ad assistere a un sequel che di sequel non ha nulla, stiamo proprio su un altro pianeta. Se il cast femminile è terribile, il risultato non farebbe invidia nemmeno al primo videomeaker uscito dal nulla. Girato a caso e con omicidi ricalcati qua e la è uno sciocco esempio di cinema d'entraînement, terribile sotto tutti i punti di vista. Non resta davvero che chiedersi il perché.
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Se il primo film diretto da Uwe Boll poteva anche risultare interessante a livello di provocatorietà, atmosfera malata ed efferatezza politicamente scorretta (ricordiamo le sequenze "fulciane" con gli animali), in questo caso invece siamo di fronte al nulla assoluto.
E sotto tutti i punti di vista: tecnico (perchè il film è girato coi piedi e montato con velleità sperimentali ridicolissime); logico (perchè la trama non c'entra nulla con la storia originale); contenutistico (perchè la sceneggiatura distorce il concept alla base trasformandolo in una brutta-bruttissima fotocopia de
Le colline hanno gli occhi).
Dopo la delusione di Dead snow 2 (2014), un'altra bella botta sulla cocozza per tutti gli appassionati di sequel e saghe orrorifiche.