Lo sfondo è quello della Seconda Guerra Mondiale (sbarco in Normandia), i personaggi principali (Gabin e Belmondo) sono due forti bevitori, nostalgici e malinconici. La sceneggiatura è semplice ma ricca di sfumature. Tutto è condotto garbatamente e la regia si fa apprezzare per concisione, andando diritta alle conclusioni. È una storia con un suo incisivo pathos, notevole per pulizia di idee e chiarezza di messa in scena. Ottime le interpretazioni.
Più che l'alcolismo e le bisbocce il tema del film è l'evasione dalla realtà. I protagonisti (un vecchio militare e un giovane che ha lasciato la famiglia) sono due reduci della vita e bere è l'unico modo di attingere ai loro sogni (la Cina e la Spagna). Il ritmo lento si confà a questo malinconico e velleitario tentativo di sfuggire dalla gabbia dell'abitudine (una morte in anticipo, dice Jean). Niente di eccezionale, ma ci sono gli attori: Belmondo ha la faccia giusta, Gabin trascina la sua stazza come un galeone in rovina: perfetto, quindi.
Proprietario di una locanda normanna ha smesso di bere a causa di una promessa fatta durante la guerra. Saprà mantenere il proposito dopo l'arrivo di un nuovo cliente ad alto tasso alcolico? I vaneggi degli ubriachi spesso risultano lagnosi ma il rischio è schivato grazie al mercuriale Belmondo, a cui il personaggio di giovane inquieto e ribelle calza a pennello, e al ruvido Gabin, impetuoso come un fiume in piena quando rievoca i trascorsi indocinesi. Di suggestiva ambientazione, un film malinconico sul rimpianto per un "altrove" mitizzato contrapposto all'ordinarietà del presente.
MEMORABILE: La corrida con le vetture; I fuochi d'artificio sulla spiaggia.
Un accanito bevitore, abbandonato il vizio in seguito a un voto espresso sotto i bombardamenti, vive ormai una vita abitudinaria, normalizzata dalla moglie; ma l'equlibrio si strappa quando incontra il suo alter ego giovane che risveglia in lui le antiche pulsioni. Piacevole abbraccio generazionale tra due mostri sacri del cinema francese calati nei panni a loro più congeniali. Interessanti, anche se un po' semplicistiche, alcune riflessioni esistenziali e stupendo il contesto nel quale sono calati: gli apparentemente uggiosi ma naturalistcamente potenti paesaggi normanni.
MEMORABILE: "Non ci sono abitudini buone, l'abitudine è un modo di morire in anticipo"; "Così, quando vuole scacciare il diavolo, lei lo invita a tavola".
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CuriositàRufus68 • 9/09/16 11:20 Contatti col mondo - 220 interventi
Il film è tratto dal romanzo di Antoine Blondin (Un singe en hiver), pubblicato nel 1959. La versione italiana del libro (Quando torna l'inverno) uscì nella scia del film di Verneuil ed è oggi un pezzo difficile da trovare (Edizioni dell'Albero, 1963, traduzione di Vittorio Viarengo).