No mercy - Film (2010)

Ragazzaccio indiavolato, Kim Hyeong-Joon propina una pasticciatissima crasi tra Park e Woon narrativamente ferraginosa e forzata (per capire qualcosa del finale à la Seven non basta rivederlo 10 volte) mal servita da una sceneggiatura che è un campo da golf, elicitata da raccordi spesso maldestri e scorretti che con un solo fotogramma fanno crollare tutta la pellicola, e diluita da irritantissime e innecessarie parentesi comiche che nemmeno nei più sconfortanti cat III. La bontà della confezione è direttamente proporzionale agli imperdonabili sfondoni dello script, e in un dispari raffronto con I saw the devil, quest'ultimo gliela fa in testa fino a ossigenargli i capelli.

Coordinate già viste (e riviste), ma Kim ci mette personalità. Storia di odio e rancore, disperazione e disillusione, rimpianti impossibili da dimenticare, così come il Perdono: ostacolo insormontabile nonostante il tempo della memoria proceda inesorabilmente; ecco, procede, ed è impossibile fermarlo. Sviluppo a tratti zoppicante ma che sa addizionare indizi intriganti accrescendo il fattore psicologico di una regia che ben spazia tra indagine di Bonghiana memoria, thriller-drama Parkiani e diabolico parossismo psicologico. Emozionante.

Un cadavere a pezzi, un sospetto reo confesso, indizi schiaccianti, ma... Inizio banale, con personaggi stereotipati come la poliziotta novellina molto più in gamba dei suoi superiori, ma poi, dal poliziesco di routine, emerge un altro film, un melodramma su temi cari al cinema sud-coreano come la colpa inespiabile, il rancore che divora l'anima, la vendetta che colpisce in modi indiretti ed inaspettati. Incongruenze e falle logiche, che avevano viziato la prima parte, persistono ma vengono inghiottite dal nero pece della disperazione. Imperfetto, sbilanciato, ma coinvolgente, crudele.