Duro e splendido film di Chukhray sul difficile rapporto fra patrigno e figliastro nell'URSS del Secondo dopoguerra. La forza espressiva della vicenda, scritta e diretta benissimo, scomoda le emozioni forti mentre il tessuto narrativo mantiene una sublime ed eterea leggerezza adattissima a definire tutti i risvolti psicologici dei personaggi principali. Superba la Rednikova divisa fra madre e amante, molto bene anche Mashkov e il piccolo Filipchuk. Pioggia di premi e nomination (anche all'Oscar) assolutamente meritata. Indimenticabile!
MEMORABILE: Sanya che chiama Tolyan papà per la prima volta; I saluti in stazione; Il finale.
Film piuttosto forte sull'educazione non propriamente tenera ricevuta da un bambino russo all'indomani della Seconda Guerra Mondiale da una sorta di padre adottivo che si finge soldato. Il tema è interessante, ma il regista si perde in mille momenti di folklore russo abbastanza inutili e soprattutto sceglie un andamento lento e didascalico che bene non fa a un film fondamentalmente privo di grandi spunti di trama. Gli attori sono molto bravi e spesso azzeccate le location. Non è male ma risulta troppo compassato. Bello il finale. Si salva in corner per alcuni aspetti.
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Giusto per dovere di cronaca, durante la visione di questo film mi è scappata via una lacrimuccia. L'ultima volta che mi era capitato di piangere mentre vedevo un film è stato vent'anni fa durante Mission di Joffé. È un film davvero molto intenso dove il punto di vista del bambino è trattato con rara delicatezza.