Grande successo spagnolo (si presentò agli Oscar per il proprio paese), il film di De Aranoa tratteggia con eleganza e sentimento le vite "perdute" di quattro disoccupati di Vigo, trovatisi senza lavoro alla chiusura dei cantieri navali cittadini. Si incontrano sempre al bar la sera, bighellonano di giorno senza una vera meta, pontificano sul nulla e ci mostrano con esemplare verismo la vita di chi ha smarrito ogni ambizione e non si illude di ritrovarla. Più che la regia, a dire il vero non molto incisiva e poco interessata a mantenere un andamento vivace (tanto che nella seconda parte il film rischia di "spegnersi" progressivamente), è la sceneggiatura il vero...Leggi tutto punto di forza, e i dialoghi capaci di svicolare dalla banalità in agguato studiati ad hoc per esaltare l'innegabile talento del giovane Javier Bardem, protagonista indiscusso anche senza mai salire sopra le righe: appare dimesso, rassegnato, ma sa invece dare ottimi spunti al suo personaggio, il più "filosofo" del gruppo. La genialità di alcune trovate (prima fra tutte la partita di calcio vista dagli spalti ma con una parte del campo coperta da una tettoia) testimonia della voglia di proporre qualcosa di memorabile, ma mantenere il film sempre sugli stessi livelli si rivela impresa impossibile. Inevitabilmente i momenti meno incisivi col passare dei minuti evidenziano con sempre maggior intensità le lacune del film.
Un barbuto e mastodontico Bardem (spalleggiato da un altrettanto ottimo Tosar e da buoni comprimari) interpreta questa ottima pellicola spagnola che racconta il dramma e le conseguenze con le quali la perdita del lavoro frustra un gruppo di portuali galleghi. Disegnato con una grazia che mi ha ricordato un certo neorealismo, il film è costruito per piccoli quadri, mai troppo tendenti al melenso od alla compassione, attraverso i quali si parla di solidarietà maschile, di amore, di sofferenza e di sogni, forse non realizzabili, ma che aiutano a vivere.
Questo film è davvero un piccolissimo gioiello passato troppo spesso inosservato ed è davvero un peccato, perché il regista riesce nella difficile impresa di raccontare una situazione drammatica come quella della disoccupazione senza scadere nell'empatia e nella tragicità a tutti i costi. I personaggi mantengono una dignità apprezzabile e nonostante tutto non smettono di essere fiduciosi sul futuro. Film sulla dignità, solidarietà e amicizia. Da vedere. Bardem eccezionale.
Film che ho apprezzato molto. Nonostante la storia parli di disoccupati ex operai, c'è poco in comune con i film di Ken Loach. Qui ho notato una maggiore drammaticità degli eventi. Javier Bardem è come al solito il migliore della "squadra". Bello il finale.
Tra i migliori film spagnoli dell'ultimo decennio, I lunedì al sole ha il merito di affrontare il duro tema della disoccupazione e della possibile perdita di dignità derivante dalla perdita del lavoro con una commedia amara che lascia pochi spiragli alla speranza ma anche con uno sguardo assolutamente antiretorico. Questo grazie alla buona sceneggiatura e alla prova di un bel gruppo di attori, nel quale Bardem si conferma come uno dei migliori attori europei della sua generazione.
Valido dramma non-loachiano sul disagio e la disoccupazione, incentrato su un gruppo di operai portuali rimasti senza lavoro, ha il pregio di mantenere un registro narrativo misurato e di non scadere mai in sentimentalismi fuori luogo, pur trattando di argomenti quali la solidarietà e la dignità. Fondamentalmente amaro, disilluso, ma mai esageratamente cinico, mostra chiaramente delle influenze neorealistiche. Ottima prova di Bardem e, in generale, dell'intero cast.
Un Loach temperato dal Mediterraneo: così potrebbe sembrare questo eccellente ritratto di disoccupati spagnoli ex operai di un cantiere in dismissione, che si trascinano dal bar allo pseudo-lavoretto, dall’alcol alla speranza di un prestito in banca. L’indolenza coatta trasmuta nel senso di sconfitta esistenziale, mescolando bozzetti umoristici con le note secche di una tragedia personale ed epocale al tempo stesso (il battello su cui passano il tempo si chiama Lady España). Straziante minimalismo, corrosivo cinismo, umanistico sindacalismo.
Melodramma esistenziale sul ritrovarsi senza lavoro nella mezza età. Sfondi da lotte di classe, coreani in arrivo e poche speranze senza aiuti esterni. Miscela di dramma con picchi tragici, mescolato a battute sagaci e anche una sana stanchezza di fondo che smorza reazioni accanto a un bancone da bar. Bardem è il furbo e sveglio della compagnia di precari e una fotografia spenta accompagna la vicenda immortalando un cinema civile non urlato.
In una città spagnola, alcuni portuali disoccupati cercano di tirare avanti alla meno peggio... Il regista lascia fuori campo gli eventi per concentrarsi sugli effetti della perdita del lavoro come perdita di identità sociale ed anche della percezione del tempo, con una gamma di comportamenti, resi assai credibili dalla bravura degli interpreti, che va dall'apatia all'affannosa ricerca di una nuova possibilità fino alla scelta più disperata. Film pudico, amaro ma non rassegnato, offre a Bardem, nei panni del massiccio Santa, il più consapevole del gruppo, l'occasione per una prova memorabile
MEMORABILE: La vendetta del lampione; Nell'appartamento di Amador, Santa si rende conto della solitudine dell'amico
Il sorriso amaro è il protagonista di questo neorealista spagnolo. Detta altrimenti, una fila di musi tirati che, privi di spazi di speranza, si arrabattano alla bell'e meglio, se la cavano con un po' di alcool e riescono anche a tirare fuori qualche sorriso. Un bel lavoro, asciugato da tutta la possibile retorica, esaltato da un velo ironico che lo rende sopportabile e da una serie di attori assolutamente in parte, su cui spicca il buon Bardem.
Quattro amici (disoccupati) al bar e cielo grigio su per un film che non appassiona né arricchisce, che si trascina dietro le vite allo sbando dei suoi protagonisti senza una vera trama a cui aggrapparsi né un fulcro a cui far riferimento. Si annaspa nel grigiore senza una meta ben precisa, con un buon lavoro a livello di scrittura e le interpretazioni efficaci del cast che solo a tratti riescono a tenere lontani gli sbadigli. Le uniche idee realmente valide (l'urna, l'alba verso la riva) arrivano nel finale, a tempo ampiamente scaduto.
Bel film spagnolo che affronta il dramma della disoccupazione e lo fa in modo sobrio e pudico anche dinanzi alla tragedia, senza mai tirare calci nella pancia dello spettatore ma mantenendo sempre toni privi di retorica ed amaramente comici. Riesce a mostrare in maniera del tutto realistica situazioni di vita vissuta e pur provando empatia verso i vari personaggi, ha il merito di non farne solo delle vittime ma anche di metterne in luce gli aspetti negativi come quello dell'indolenza e di atteggiamenti a tratti "puerili" pur dettati da una comprensibile rabbia e frustrazione.
MEMORABILE: Sante accompagna l'amico ubriaco a casa e nota le condizioni del suo appartamento e l'assenza della moglie.
Contributo spagnolo al cinema proletario a cavallo del millennio, che racconta gli effetti della ristrutturazione del sistema capitalistico sugli strati più bassi della società. Viene narrato con incisività il dramma di chi perde il lavoro e, di conseguenza, la dignità della vita quotidiana, con conseguenze che vanno dall'alcolismo più autodistruttivo di Amador all'illusione di un continuo e inutile "mettersi in gioco" di Lino. Soffre a tratti di un'eccessiva melodrammaticità e di alcuni dialoghi un po' didascalici, ma colpisce in pieno pur con una narrazione senza troppi guizzi.
MEMORABILE: Il racconto dissacrato della cicala e della formica, nel lontano 2002!
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Come darti torto..Anche in Biutiful è straordinario..
DiscussioneDaniela • 18/01/16 23:46 Gran Burattinaio - 5946 interventi
Grazie a Didda per la segnalazione: bello, intenso, con un Bardem eccezionale ed una narrazione pudica ed ellittica di grande efficacia, a breve il commento...
Per Cotola: da vedere, uno dei migliori film sul tema di cosa significhi la perdita del lavoro.