Quando si crede di vedere un certo tipo di film (affidandosi su trame di chi il film non l'ha visto manco per sbaglio-vedi il
Farinotti-) e te ne trovi davanti un'altro.
Il sottoscritto mal sopporta pellicole dove i protagonisti principali sono mocciosi in gamba, che vogliono essere simpatici a tutti i costi (amici di tutti e voluti bene da tutti) che affrontano con coraggio le amare sorprese della vita (in aggiunta alla voce narrante del ragazzino stesso, che mi fa l'effetto delle unghie sulla lavagna), e
CrissCross è proprio di questo che, ahimè, tratta (ho mangiato la foglia già dalle primissime sequenze di apertura, con il ragazzino che, con voce fuori campo, introduce lo spettatore alle sue peripezie quotidiane, ed ero già tentato di smorzare il VCR)
Romanzo di formazione adolescenziale (che Scott Sommer trae dal suo libro curando la sceneggiatura) di una banalità sconcertante, di cui il destino di Chris e della sua mammina (una Goldie Hawn stupenda MILF in un ruolo serioso dopo quello di
Sugarland Express) frega niente a nessuno, talmente e superficiale e impigliato nelle maglie buoniste da latte alle ginocchia.
Il talento di Chris Menges (che da mago della luce dà molta rilevanza all'aspetto visivo, in alcuni casi davvero suggestivo) si spreca in un fiacchissimo
Cuori in atlantide dei poverissimi, che dopo l'apartheid di
Un mondo a parte, si tuffa in una Florida fine anni '60 ben poco turistica, abitata da looser e poveracci, ben resa tra squallidi locali per spogliarelliste, fetide cucine, peschereggi arrugginiti, misere stanzette e baretti cenciosi, dove le tv sono sintonizzate su Armstrong che mette piede sulla luna.
Se la parte ambientale risulta curata e mette in evidenza la bravura del direttore della fotografia di Roland Joffè, dall'altra e proprio la storia a non funzionare, a non coinvolgere, a non emozionare.
C'è poi una risibile svolta "poliziesca" nel finale, tra spaccio di cocaina (nascosta nei pesci) e improbabili poliziotti sotto copertura.
Resta ben poco nella memoria, se non il giovane Chris che spia la madre fare un patetico show sul palco del misero locale per spogliarelliste, tra clienti sbavanti e ingrifati e il passaggio che Chris becca da una biker, che si fa mettere le mani sulle tette.
Pulsioni incestuose (come mi aspettavo) disattese e assenti (niente cattivi pensieri su una mammina come la Hawn), e da dimenticare Keith Carradine "buon samaritano" chiuso in un convento di monaci a fare il giardiniere (sic!)
Unica sequenza degna di nota (dove emerge la sensibilità di Menges, che evita morbosità alla Larry Clark) è quando Chris si appresta a fare all'amore (poi interrotti dall'arrivo dei genitori della ragazzina) con la sua fidanzatina quattordicenne, entrambi nudi (ma mai ripresi per intero), che timidamente si spogliano e si ammirano (è la ragazzina che vuole la prova d'amore, portando Chris nella sua cameretta). Una scelta narrativa coraggiosa e non facile (sesso tra minorenni in un film targato MGM), che Menges risolve pudicamente e delicatamente, quasi con naturalezza (scena quasi impensabile, oggi, in un film mainstream)
Tutto il resto viaggia sui binari della mediocrità e delle moralette da discount sui "buoni sentimenti e imparare dagli sbagli per non sbagliare più", che lasciano il tempo che trovano.
Filmetto anonimo da consumarsi in visioni annoiate pomeridiane, che trasmette poco o nulla a livello emotivo e che non lascia traccia di sè.
Tremenda le musica di Trevor Jones.
Menzione speciale per Steve Buscemi in un piccolo ruolo da fricchettone/fattone, che sembra il Nubbins Sawyer di
Non aprite quella porta