Una regia delicata e silenziosa ci introduce in una fuga per la sopravvivenza; in un contesto bucolico una famiglia fugge dai rastrellamenti dei tedeschi, verrà decimata dall'alto da un caccia, mentre i sopravvissuti troveranno riparo in una insolita dimora sperduta in un bosco. Tèchiné stavolta centra il bersaglio con la storia e scegliendo la Bèart, perfetta nel ruolo. La psicologia dei personaggi è accurata e la pellicola riesce a catapultare lo spettatore in una storia dal sapore di passato, reindirizzandolo in un presente di ordinaria sopravvivenza.
Francia, 1940. In fuga dall'occupazione nazista, una madre e i due figli rifugiano in un casolare abbandonato: un giovane dall'oscuro passato si occuperà di loro... Mentre la guerra declina sullo sfondo, la natura si impone con maestosa quiete e i rapporti umani emergono, urticanti e passionali. Téchiné è sedotto dalla violenza intestina, ma lascia che sia la Storia a calare la sua logica e il suo peso esiziali, e il film si traduce in una lunga premessa che, generalizzando le ragioni del dramma, svapora. Béart bella e imbambolata.
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