Discussioni su Kadaver - Film (2020)

DISCUSSIONE GENERALE

5 post
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  • Anthonyvm • 23/10/20 12:48
    Scrivano - 806 interventi
    Il teatro e l'illusione, la rottura delle convenzioni (attori a viso scoperto e spettatori mascherati che condividono gli stessi spazi, non più separati da un palcoscenico, ma in grado di interagire e di confondersi fra loro), l'albergo come luogo di ritrovo di realtà e finzione, punto di collisione di ciò che appare e ciò che è, ma anche di ciò che il pubblico sceglie di vedere. Nel mondo della post-verità, dove news e fake news si sovrappongono con sempre meno criterio e controllo, questo piccolo ma meritevole horror norvegese si trova ben inserito.

    Siamo in un imprecisato tempo storico. La guerra atomica è infine scoppiata, e ora un fosco e perenne inverno nucleare sovrasta il mondo. I superstiti vivono coperti di stracci fra le macerie, inciampando nei cadaveri di chi muore di fame per strada e occasionalmente imbattendosi in chi, troppo disperato per andare avanti, ha deciso di prendere una mesta scorciatoia per la pace eterna. In questo lugubre quadretto, ottimamente inquadrato dalla brumosa fotografia e dai dettagliati set in rovina, facciamo la conoscenza dei nostri tre protagonisti: Leonora, un'ex attrice che cerca di non perdere ogni speranza, suo marito Jacob, meno ottimista ma amorevole verso i suoi cari, e Alice, la piccola di casa. La routine trascorre prevedibilmente triste e lenta, ma qualcosa sta per cambiare. Giunge in città l'annuncio di uno straordinario spettacolo teatrale, qualcosa di mai visto prima, che porterà un po' di conforto emotivo a chi vorrà assistervi. Leonora pensa sia un'occasione unica per concedere a Alice un raro momento di svago, e così la famigliola al completo si reca presso il teatro. O meglio, l'hotel. Infatti appare subito evidente che lo show sia del tutto diverso dal solito: gli ospiti vengono fatti accomodare a dei tavoli e nutriti adeguatamente con prelibatezze fuori dal comune; quindi il regista Mathias presenta al pubblico il suo spettacolo, comunicando che si svolgerà attraverso l'intero edificio. Saranno dunque gli spettatori a spostarsi di stanza in stanza per seguire la vicenda, che, come sottolinea Mathias, sarà completamente fittizia. Certo, muoversi fra camere e corridoi insieme agli attori rende il confine fra la recita e la realtà estremamente labile: per questo il pubblico è tenuto a indossare delle maschere dorate, dai tratti spersonalizzati e anonimi, in modo da non generare confusione. Lo show ha inizio, e ciò che poteva apparire semplicemente bizzarro in un primo tempo, si tinge a poco a poco di toni decisamente macabri e inquietanti. Fra spettatori che si liberano della propria maschera, misteriose sparizioni, continui ribaltamenti di verità e messinscena, segreti agghiaccianti nascosti fra le mura dell'albergo, Alice e Jacob si ritrovano catapultati in uno strano incubo a occhi aperti, e devono ritrovare la dispersa Alice prima che sia troppo tardi.

    Interessante opera prima del giovane Jarand Herdal, che sfoggia un'innata sensibilità visiva ed encomiabile attenzione ai dettagli, sia per quanto concerne l'eleganza seducente (e a tratti altezzosa) delle scenografie, sia per quei piccoli particolari, apparentemente fini a se stessi, che si dimostreranno funzionali allo storytelling (l'orecchino della commensale, silente protagonista di un paio di rivelazioni).
    Un film surreale, stilisticamente debitore nei confronti di Kubrick (dall'hotel shininghiano alle frotte di individui in maschera) e di Lynch (la predominanza del colore rosso, che va a conferire una patina onirica all'intera vicenda), senza dimenticare certe digressioni sull'illusione e la realtà che riportano alla mente The wizard of gore (quello di Lewis, ma anche, e soprattutto, il remake con Crispin Glover), senza scordare Dario Argento (si prenda la sequenza à la Tenebre, in cui uno degli attori si taglia la gola davanti ai protagonisti, per poi ricomparire vivo e vegeto pochi minuti dopo svelando il trucco).

    La prima tranche è eccellente, e non è chiaro dapprincipio dove il regista (anche sceneggiatore) voglia andare a parare. Criptici e mefistofelici uomini di spettacolo che sembrano usciti da qualche musical di Darren Lynn Bousman, stanze d'albergo che fungono da piccoli palcoscenici isolati (dove gli attori arrivano persino a esibirsi in rapporti sessuali), quadri terrificanti (teste d'agnello mozzate servite su piatti) che celano occhi scrutatori nella miglior tradizione dei voyeur-thriller, foulard scarlatti che volteggiano nell'aria come fantasmi: si odorano effluvi infernali, in questo strano limbo consacrato all'arte e al potere della stessa di trascendere il tempo e la morte.
    Ma quanto di ciò che si vede è vero? Sarà forse tutto parte di una grande sceneggiata, come farebbero supporre il sangue finto che i genitori trovano sui vestiti di Alice, o le cibarie di plastica esposte nella cucina, in stile Ai confini della realtà (o Vivarium di Lorcan Finnegan)?

    Arriviamo circa a metà film, e il metafisico muta bruscamente in fisico, l'arty elusivo cede il passo al terrore materiale, quando Leonora scopre finalmente il segreto dell'albergo e dei suoi gestori: una rivelazione che precipita il film in territori meno astratti, rischiando per di più di banalizzare le ottime premesse. Ci ritroviamo con lei imprigionati in una sorta di horror survivalista, con energumeni armati che le danno la caccia, cadaveri ammassati e altre amenità da splat-pack dei primi del 2000. La stessa Leo verrà appesa a testa in giù per essere dissanguata, in una scena non così dissimile dal celebre “bagno” bathoriano di Hostel 2.

    Siamo capitati, dunque, nel mezzo di un sub-torture-porn barocco d'autore con allegoria annessa, che ricorda in parte The farm di Hans Stjernswärd, ma che affonda le radici in horror “politici” di ben più remote origini, e che ormai hanno poco di nuovo da dire sulla materia. Parallelismi fra casta, nutrimento e sfruttamento degli indigenti sono ormai temi vecchi e polverosi, ma, se maneggiati a dovere e coadiuvati dalla giusta estetica, possono ancora porre le basi per buoni prodotti (si prenda il netflixiano Il buco).

    In questo caso la metafora, oltre che scontata, è difficile da inquadrare (almeno in un primo momento) nel contesto onirico e surreale del setup, tanto da apparire forzata e fuori luogo. L'implausibilità fascinosa del primo atto, giustificata dall'impostazione formale incubotica, perde consistenza alla luce dei risvolti “terreni” e filo-hooperiani del secondo tempo, finendo per cozzare con l'atmosfera sospesa dell'inizio.
    Persino il climax finale, con l'auspicabile svelamento dell'inganno e la conseguente rivolta contro i carnefici (i rimandi alle lotte di classe sono palesi, e resi anche più espliciti da dialoghi un po' telefonati), non sembra trovare la chiave giusta per concludere il racconto.

    Tuttavia, l'ultimissima scena, di grande portata pessimistica, arriva come un deus ex machina a salvare l'intera opera: quel ritorno al vecchio mondo, cupo e deprimente così come ce lo ricordavamo; quello sguardo rivolto alla bellezza mostruosa che ci si è lasciati alle spalle; quell'incertezza umana che fa vacillare anche il più nobile e puro degli animi.
    Di punto in bianco il messaggio è chiaro. Il disegno torna, e anche ciò che sembrava una contraddizione stilistica interna, o una deludente semplificazione dello script, si leva adesso sotto una luce uniforme e precisa. Non c'è stata alcuna trasformazione repentina: il film era cominciato come una favola malata, un Hansel e Gretel post-apocalittico, un horror sociale fino al midollo, e si è concluso come tale; ha soltanto deciso di scoprire le carte un po' tardi.

    Un film senza dubbio imperfetto, talvolta pretenzioso, non sempre compatto nel corso della narrazione, ma visivamente affascinante, retto da un cast capace (molto buona la prova della bella Gitte Witt) e, una volta arrivati all'inquadratura conclusiva, ambiguamente omogeneo.
    Non dice granché di nuovo, ma sorprendentemente lo dice bene.
    Con qualche accorgimento di scrittura in più, che avrebbe conferito un quadro complessivo più fluido, poteva diventare un piccolo capolavoro. Anche così, comunque, di materia da apprezzare ce n'è in gran copia.
  • Cotola • 28/10/20 15:48
    Consigliere avanzato - 3845 interventi
    Finalmente un horror diverso dal solito che riesce a battere strade meno note ed affollate del solito. Certo: per i più scafati non tutto sarà di primo pelo, ma c'è una buona capacità di svecchiare e di utilizzare spunti già noti in modo originale. Sa coinvolgere ed affascinare.
    Mi sento di consigliarlo. Un piccolo gioiellino.

    p.s.

    Complimenti ad Anthonyvm per la bella, profonda ed esaustiva disanima della pellicola. 
  • Daniela • 28/10/20 16:25
    Gran Burattinaio - 5928 interventi
    Cotola ebbe a dire:
    Complimenti ad Anthonyvm per la bella, profonda ed esaustiva disanima della pellicola. 
    Mi unisco ai complimenti, visione imminente. 
  • Anthonyvm • 28/10/20 18:39
    Scrivano - 806 interventi
    Grazie mille a entrambi! :D
    x Cotola: Lieto che tu l'abbia gradito, ho già letto con piacere il tuo commento.
  • Kinodrop • 28/10/20 19:21
    Contratto a progetto - 143 interventi
    Grazie mille ad Anhonyvm per la puntuale analisi del film e grazie a Cotola per il consiglio. Presto anch'io lo guarderò volentieri, appena messo nella lista dei prossimi HORROR!!
    A presto, K.