Vengo a prenderti stasera - Spettacolo teatrale (2013)

Vengo a prenderti stasera
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MMJ Davinotti jr
Anno: 2013
Genere: teatro (colore)
Note: Tratto da “La morte dei comici” di Lorenzo Beccati e Valerio Peretti Cucchi.

Volti del cinema italiano nel cast VOLTI ITALIANI NEL CAST Volti del cinema italiano nel cast

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Tre amici da una vita sullo stesso palco: due in scena (Mauro Di Francesco e Nini Salerno) e uno dietro le quinte (Diego Abatantuono), a fare il regista in attesa di unirsi ai due per il "terzo tempo", ovvero un gustoso epilogo extra in cui, terminato lo spettacolo, Abatantuono racconta la genesi dello stesso introducendo un eventuale "dibattito" aperto con gli spettatori. VENGO A PRENDERTI STASERA è un modo d'ironizzare sulla morte, un divertito show a due che gioca con le parole e coi luoghi comuni raccontando l'arrivo, nell'appartamento di Maurino (Di Francesco), nientemeno che della Morte (Salerno), pronta ad esigere da lui il giusto tributo. Ovviamente Maurino pensa sia uno scherzo, ma la Morte...Leggi tutto avrà modo di fargli capire come invece non solo sia tutto vero ma ci sia anche da sbrigarsi e da spirare senza troppe proteste. Il gioco va avanti per tutto lo spettacolo, diviso in due atti con i protagonisti pronti a veloci botta e risposta: Maurino, attor comico di poche speranze ormai abituato a scritture di poco conto, crede di stare in un sogno, ma avrà lentamente modo di ricredersi di fronte alle articolate spiegazioni della Morte, che non lesina chiarimenti sul suo operato: esiste Dio (ma lui non l'ha mai visto), esistono inferno e paradiso, esiste l'incaricato come lui di andare a prendere gli attori comici e un incaricato diverso per ogni mestiere della Terra. E quando arriva il momento non c'è niente da fare: bisogna rassegnarsi ed esalare l'ultimo respiro senza troppo recalcitrare. Come fu per Totò, John Belushi... tutta gente che la Morte dei comici dice di aver conosciuto e di cui non manca di riferire gustosi aneddoti legati al loro "trapasso". Tutta impostata sul filo del surreale, l'opera vede un bel gioco di rimbalzi tra i due protagonisti. Di Francesco è in scena dall'inizio, ma forse a ben vedere chi più parla rispondendo alle curiose domande dell'altro è Salerno, molto bravo a non salire mai sopra le righe, abile a sfruttare le pieghe ironiche di un copione (riscritto quasi completamente a partire da "La morte dei comici" di Lorenzo Beccati e Valerio Peretti Cucchi) ricco di ottime battute. Ad arricchire ulteriormente il tutto le belle scenografie: un interno di appartamento sulle cui pareti si proiettano di tanto in tanto curiosi effetti di luce; o un breve viaggio in auto con i due seduti sul divano in penombra fotomontati nell'abitacolo di una Panda gialla (la macchina con cui si sposta abitualmente la Morte). Piccole trovate che unite danno l'idea di uno spettacolo ben concepito fin nei particolari; elegante, sobrio, delicato, moderatamente divertente senza dover ricorrere a volgarità. E che a sipario chiuso fa rientrare in scena i due attori assieme ad Abatantuono per una mezz'ora e più in cui Diego, utilizzando la debordante comicità che gli si riconosce da sempre, spiega in breve la storia sua e dei suoi due amici con particolare attenzione per Di Francesco, reduce da un trapianto di fegato dopo aver davvero visto in faccia la morte. Domande al pubblico, brevi risposte, gag da improvvisatore nato per una chiusura inslolita e indubbiamente spassosa. Abatantuono, per quanto non presente di persona durante lo show vero e proprio - fa comunque la voce fuori campo della portinaia che parla via citofono (bravissimo) e quella del vicino di casa.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 2/03/14 DAL DAVINOTTI
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Markus 3/03/14 12:17 - 3682 commenti

I gusti di Markus

Divertirsi con la parola “morte”, e di conseguenza con i timori e i tabù che il sicuro evento che ci accomuna tutti scaturisce in noi non è certo cosa nuova; eppure sotto la chiave surreale di un felice testo teatrale e la scelta di due comici surreali del periodo d’oro del “Derby” (Salerno/Di Francesco) assume i toni di una farsa ben realizzata e rimaneggiata da un insolito Abatantuono in veste di regista teatrale che ci regala, alla fine dello spettacolo, un suo terzo tempo interattivo col pubblico.

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