raccomando a chi beneficia di netflix il recupero di questo documentario cercato per più di un lustro a ogni latitudine, longitudine e altitudine telematica e non: vi si narra, a mio avviso un po' troppo succintamente (53', per una figura che avrebbe meritato maggiore scavo anche solo per la longevità e la densità biografica), la straziante e commovente esperienza di Tsutomu Yamaguchi, nijuu-hibaku sopravvissuto clamorosamente sia al bombardamento di hiroshima che a quello di nagasaki, dove si recò per trovare rifugio e cure.
aver vissuto 90 anni a fronte di due esplosioni nucleari ha già in sé dell'impensabile. tuttavia la cosa più incredibile ancora è il lungo silenzio (circa 60 anni) che quest'uomo ha voluto tenere sulla sua esperienza, per il timor panico di diffondere su larga scala l'idea che scamparla a due esplosioni nucleari sia una scampagnata a misura e portata di tutta l'umanità e che in fondo le testate nucleari non siano che bombe appena meno convenzionali di altre, con le quali si può scendere a patti e dalle quali è possibile riaversi come se niente fosse. fraintendimento troppo strumentalizzabile da chi il nucleare lo difende e diffonde a spada tratta.
yamaguchi si ricrederà solo quando vedrà morire quasi tutta la famiglia di cancro arrivando a portare la testimonianza fino all'onu (per concludere amaramente che è un'istituzione-fantoccio, poggiata sulle sole chiacchiere interlocutorie, che non potrà mai fare alcunché per risolvere un problema simile).
e più della puntuale e quasi pedante ricostruzione fictionale degli orrori, che non ha molto da invidiare a
hines&jackson, a raschiare il cardio e trasmettere il carico più grosso dell'afflizione sono gli incontri col pubblico, specie con quello americano, costituito dai figli di chi ha bombardato il giappone, che può perdonare solo raccontando loro cosa hanno fatto i padri, chiosando con un ammonitorio
"ricordate il più banale e abusato dei modi di dire: non c'è due senza tre". davvero impossibile non ritrovarsi due lacrime lungo le guance e un groviglio nella gola ogni volta che il protagonista passa repentinamente da un tono sostenuto a incontenibili crolli emotivi.
pur condensando l'essenziale e prediligendo la sobrietà e la sintesi, c'è comunque una piccola zona spettatoriale che resta insoddisfatta, insaziata, in balia dell'impressione certa e vaga al tempo stesso che non si sia detto abbastanza. scapolata la quale sia bene inteso: document(ari)o fondamentale.
Ultima modifica: 31/08/19 18:19 da
Schramm