Oltre i binari - Film (2008)

Oltre i binari
MMJ Davinotti jr
Titolo originale: The Other Side of the Tracks
Anno: 2008
Genere: drammatico (colore)
Regia: A.D. Calvo
Note: Aka "The Haunting of Amelia".
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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

D'accordo: ammettiamo pure che il colpo di scena finale, per quanto non possa proprio dirsi originale nella sua soluzione, riesca in qualche modo a spiazzare - perlomeno parzialmente - e a farci rileggere magari con sorpresa l'intera storia sotto un'ottica diversa e "corretta". Ma chi ci ripaga di quanto di scadente s'è visto fin lì? Il regista, abbracciata la consolante idea di non velocizzare i ritmi e di tentare di giocare quasi esclusivamente sull'atmosfera, lo fa purtroppo in modo puerile, superficiale, soprattutto mai davvero coinvolgente. La storia è quella del ventinovenne Josh (Fehr) ancora turbato dopo dieci anni dalla morte della fidanzata,...Leggi tutto avvenuta in drammatiche circostanze che rivivremo solo nell'ultima parte grazie all'immancabile flashback. Nel ristorante sul treno dove Josh lavora (in fase di chiusura stagionale e in attesa della prossima riapertura) si rifà vivo dopo lo stesso periodo l'amico Rusty (Lindberg), che vuole coinvolgerlo in una imminente riunione di vecchi amici. Josh però è costantemente sull'orlo della depressione, ai limiti della catatonia: spiaccica una parola ogni tanto, ti fissa con aria perduta, lascia che sia lo scatenato Rusty a parlargli mentre tenta di dargli una svegliata. Niente da fare: l'unica persona con cui riesce a legare è Amelia (Raymonde), una ragazza venuta al ristorante con l'idea di farsi assumere. Un'idea non troppa convinta, a dire il vero, dal momento che si fa vedere solo con Josh e per il resto non chiede nulla a nessuno. Intorno ai tre giovani ruotano altri (pochi) personaggi: la proprietaria del ristorante, sua figlia, lo zio in coma da tempo in ospedale, l'infermiera che lo cura diventata intima della figlia, la mamma di Josh... Non sembra affatto chiaro ciò che unisce le loro vicende e tutto apparirà chiaro solo nel finale, chiamato a sbrogliare la matassa e anche per questo motivo piuttosto interessante (occhio ai titoli e alle foto in evidenza sui quotidiani, per capire meglio). Il problema è il modo con cui il regista e sceneggiatore argentino Alejandro Daniel Calvo sceglie di raccontare la sua storia, seguendo ritmi lentissimi e ideando dialoghi di rara banalità che fanno a pugni con l'approccio velleitariamente autoriale dell'opera. Con un protagonista costantemente in bambola, che si vorrebbe esser lì per dargli un paio di ceffoni e riportarlo alla realtà o per porgergli qualche fiala di ricostituente, è difficile appassionarsi. Più che un clima di mistero aleggia un'insopprimibile noia, con le musiche che entrano bene solo quando si prendono la scena ma che in sottofondo quasi scompaiono. Con l'amico Rusty nei panni del trascinatore fallito (provare a rivitalizzare Josh è una causa persa), Amelia che si fa apprezzare fisicamente ma a cui vengono messe in bocca frasi che evaporano appena pronunciate e gli altri a fare da inutile corollario, il film dà l'impressione di non avere mai nulla da dire, come se potesse quasi proseguire muto fino alle rivelazioni conclusive. E in parte dispiace, perché invece l'ingranaggio “thriller” ha buone frecce al suo arco ed è svolto con intelligenza. Timide tracce horror con apparizioni ectoplasmiche dal make-up zombesco, ma non è quello il cinema a cui il film guarda. Oltre i binari si avverte soprattutto una svogliatezza generale che finisce per coinvolgere inevitabilmente anche lo spettatore, il quale dovrà attendere fin troppo per capire se esiste una logica sottesa a quanto si vede e si fatica a decifrare. Come detto c'è, ma non ci si può accontentare di questo. Colori sparati come impone il digitale senza gran budget alle spalle e povertà evidente nella messa in scena...

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 3/08/21 DAL DAVINOTTI
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