Un uomo nudo in mutande rosse dirige un'orchestra nel bel mezzo di un parco. Non c'entra nulla col film - se non per il fatto che, catturato dalla polizia, verrà condotto al commissariato dove si svolge l'azione - ma rende in un attimo l'idea della sana follia celata dietro ogni opera di Dupieux. Questa non fa eccezione: partendo da una semplice scena di interrogatorio, in cui un uomo (Ludig) che ha rinvenuto un cadavere di fronte a casa racconta tutto ciò che ha visto al commissario (Poelvoorde), il film decolla verso i territori dell'assurdità più anarchica regalando perle di sottile umorismo e frequenti risate. Assicurate anche da una coppia d'attori...Leggi tutto perfetta: di Poelvoorde non serve aggiungere molto, già protagonista di notissime commedie d'oltralpe, ma Grégoire Ludig nel ruolo dello stralunato testimone di un omicidio si rivela assolutamente perfetto, capace di seguire Poelvoorde negli scambi più surreali dettando a volte persino la linea e di restare comico anche in sua assenza, quando ad esempio viene sorvegliato dall'assistente senza un occhio (Fraize).
L'idea di base è geniale: l'interrogato, mentre risponde alle domande del commissario, tende a divagare, racconta dozzine di particolari inutili, ma nemmeno chi gli sta davanti è immune dallo stesso tipo di comportamento fuori luogo. In tal modo ogni scambio si fonda su un continuo dibattere intorno a futilità dalle quali entrambi a turno esigono di uscire accusando l'altro di perdere tempo. E quando partono i flashback relativi ai minuti che precedono il ritrovamento del cadavere ecco che subentrano elementi metatestuali esilaranti, con contaminazioni continue tra passato, presente, futuro e la possibilità da parte di ognuno dei due di ritrovarsi casualmente nel flashback dell'altro. Non è la prima volta che soprattutto il cinema comico si diverte con trovate del genere, ma qui sono condotte con naturalezza tale da lasciare ammirati. Se quindi l'apparenza poteva essere inizialmente quella di un thriller alla GUARDATO A VISTA, le intenzioni di Dupieux sono invece ben diverse e prevedono la destrutturazione di quel tipo di film, sfruttandone i topoi come pretesto per esplorare i territori dell'umorismo più sofisticato affidato a interpreti impeccabili che lo sublimano col mestiere.
L'interscambio tra il piano reale e fantastico diventa sempre più una costante fino a raggiungere un finale che gioca a carte scoperte, magari perdendo un po' in originalità ma comunque mantenendo una coerenza stimabile. E il fatto di durare poco più di un'ora e dieci ci conferma come Dupieux sappia bene quanto in film simili non convenga mai tirare troppo la corda. La soluzione del caso resta comunque spassosa, così come lo sono i ben sette andirivieni del testimone sul luogo del delitto o negli immediati dintorni. A corredo piccole gag deliranti come quella del fumo che esce dagli abiti di Poelvoorde, che ravvivano il film quando tende inevitabilmente a ripetersi. Gioiellino da tenere in alta considerazione.
Sette andirivieni in cerca d'autore, la quadratura del guercio e il profondo rosso di un ferro da stiro: come ti trasformo un interrogatorio di sì e no un'ora in un micidiale congegno comico, una scatola cinese che si serra sullo spettatore con le ganasce del grottesco, ne indebolisce le difese con una galleria di freak da leccarsi i baffi e lo stende con un gancio metacinematografico che riecheggia ben oltre i titoli di coda. C’est pour ça, fulminante. Alla fine vi ritroverete anche voi seminudi, in una radura, a dirigere un'orchestra.
All'interno di una stazione di polizia, un commissario interroga un uomo che ha trovato un cadavere fuori dall'uscio di casa, sospettandolo di essere l'autore del delitto... Da un autore bizzarro come Dupieux non è lecito attendersi un thriller ordinario ed infatti questo film di poco più di un'ora, sia pure in chiave minore rispetto a Rubber o Wrong Cops, viaggia anch'esso trionfalmente sui binari dell'assurdo. Scritto in punta di penna e interpretato da un gustosissimo Poelvoorde, un divertissement delizioso a cui si può solo rimproverare una chiusura un poco affrettata.
MEMORABILE: Il poliziotto con un occhio solo; Il foro sul torace da cui esce il fumo; L'ostrica.
Breve (dura poco più di un'ora) divertissement firmato dal talentuoso Dupieux che continua a dirigere i suoi film sul filo dell'ironia, dell'assurdo e del grottesco, riuscendo a strappare diverse risate allo spettatore. Scritto molto bene, ha una sceneggiatura che sa vivacizzare la storia appena sembra che sia arrivata ad un punto morto. Molte le idee e le scene riuscite che vanno a bersaglio. Il finale potrà lasciare insoddisfatti non pochi spettatori. Per una volta poi, un po' di minutaggio in più non avrebbe guastato. Il divertimento non è canonico ma è assicurato.
E' il trionfo del surreale ma di quello ben calibrato e supportato da una sceneggiatura pungente e capace di stare in piedi da sola. Certo anche gli intepreti hanno il loro peso, a iniziare da un Poelvoorde che impersona benissimo il poliziotto fanfarone e confusionario. Nel susseguirsi degli eventi ci sono diverse trovate comiche e i giusti tempi, qualche pausa qua e là e qualche recriminazione per un finale che tira forse troppo la corda.
Molto coraggiosa nello sviluppo, che si fa via via più assurdo, questa pellicola mantiene ciò che promette, ovvero il puro divertimento che scaturisce dall'interrogatorio fiume in cui i protagonisti danno il meglio di sé. Nota di merito però anche per il demente occhioleso, per l'inserviente e il collega con problemi di deambulazione, che si fondono molto bene con l'ambiente (il distretto) circostante. A tratti ricorda la comicità dei Monty Python; ed è un peccato che nel finale si vada un po' troppo oltre, o sarebbe stato davvero un gioiellino. Comunque notevole e da audiogustare.
MEMORABILE: La squadretta; Sul distintivo: "Ci tengo talmente tanto che lo nascondo benissimo"; "Dimensioni dello scarafaggio?"; I racconti della fame.
Durante un interrogatorio si verifica un suicidio accidentale. Dupieux gira una specie di pièce in cui il soggetto perde mordente strada facendo. Per ravvivare la storia (dopotutto l'interrogato è innocente) si inscenano siparietti tra il demenziale (il fumo, l'ostrica) e il faceto (l'intercalare). Non sapendo bene come concludere, il colpo di scena metacinematografico sembra smascherare una carenza d'idee e la scarsa credibilità.
MEMORABILE: La quadra; Il sushi della moglie; L'occhio per terra.
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DiscussioneZender • 23/10/24 17:22 Capo scrivano - 48885 interventi
Vedo che qualcuno segnala questo film con titolo italiano "Al commissariato!", ma a me risultava che non fosse mai stato doppiato. Qualcuno sa se si può per caso trovare da qualche parte in italiano?