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La nostra recensione di Il cacciatore di anatre

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

La buona volontà non manca, il desiderio di raccontare una storia semplice ma carica di emozioni, a tratti commovente, si avverte e anche la ricostruzione storica, nei limiti di mezzi con tutta evidenza limitati, è discreta. Siamo in un paesino sul Po di poche anime della bassa modenese, in piena Seconda Guerra Mondiale (1942). Quattro amici trascorrono le giornate sognando ognuno a modo suo: a Mario (Mazzoli), oppresso dai debiti, basterebbe qualche soldo in più per raggiungere la felicità per sé e l'amata famiglia, Loris (Gatti) coltiva la speranza di poter un giorno andare a Parigi e conoscere le francesine di cui vagheggia, da buon casanova; Oreste (Lodi) pensa...Leggi tutto solo alle motociclette e Gino (Paltrinieri) è il cacciatore di anatre del titolo, anche se la sua passione pare assolutamente marginale e pure lui, che vive da solo con l'amato canarino in gabbia, non è certo il più al centro del gruppo. Ci si chiede infatti il perché di un titolo che indica un'azione del tutto ininfluente nella storia, nemmeno utilizzata per azzardare metafore o alimentare una delle tante riflessioni di Mario (ha funzione anche di narratore) inserite per dare in qualche modo spessore al film.

Posto quindi che le anatre di fatto poco o nulla c'entrano coll'opera e col suo significato, ci si concentra sulla vita poco fortunata dei quattro protagonisti, malvisti dal manipolo di fascisti che gira in zona, indicati come socialisti e alle prese coi problemi di ogni giorno. Eppure felici, nonostante tutto, con la guerra che echeggia ancora lontana, evocata dalla propaganda fascista che via radio riferisce solo di grandi conquiste. Ci vuole un po' prima di capire dove il film voglia andare a parare, perché per lungo tempo in scena succede ben poco. Poi ecco comparire un francese (Bortolazzi), giunto da lontano, che in un eccesso di ubriachezza si lascia scappare di essere in paese per ritrovare un tesoro seppellito da un suo avo in tempi napoleonici. Soldi che farebbero comodo un po' a tutti, lì, ma come sottrargli la mappa di cui parla in modo da interpretarla correttamente e anticiparlo nel dissotterramento degli ori? Vista la scarsa confidenza dei nostri con l'illegalità si opta per tecniche ovvie come il pedinamento andando poi a frugare nella stanza in cui alloggia, e forse sarà sufficiente.

Considerata una sceneggiatura non proprio virtuosa, buona parte della riuscita del film ricade sugli attori i quali, pur arrangiandosi come possono (per nessuno di loro è quella la vera professione, nella vita), riescono comunque a comunicare l'ingenuità tipica del tempo rendendo a loro modo credibile questo tipico spaccato di vita. Per quanto salvo in rari momenti fatichino a entrare davvero in parte lasciando emergere la natura inevitabilmente confinante con l'amatorialità dell'operazione, la vicenda scorre, gli scorci sul Po di un'Emilia rurale sono suggestivi (pur se anche la fotografia non è il massimo) e va rimarcata una certa grazia nel trattare i personaggi che non dispiace. Si coglie bene l'atmosfera del tempo tra balli, sagre, i pomeriggi in osteria, quel dialetto così carico di gioia... e per quanto l'insieme non possa competere con le grandi produzioni si fotografa con gusto e cognizione di causa lo spirito di una collettività messasi al servizio di un'opera che sa dare visibilità e corpo a una parte dell'Italia poco vista al cinema. Un po' di inevitabile retorica, di goffaggine nella gestione dei momenti più drammatici, ma rimanendo negli stessi ambiti produttivi s'è visto sicuramente di peggio.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 18/12/22 DAL DAVINOTTI
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Cotola 19/12/22 23:38 - 9623 commenti

I gusti di Cotola

La buona volontà dell'operazione è indubbia, così come il garbo e la delicatezza nel raccontare una storia estremamente drammatica, senza mai però tirare calci nella pancia dello spettatore o spingere eccessivamente sul pedale melodrammatico. Altrettanto evidenti sono però i limiti del budget, il che è tutto sommato il minore dei mali, ma soprattutto quelli di una sceneggiatura con troppe cose già viste - nonché un certo accanimento nei confronti dei suoi personaggi - ma soprattutto quelli della recitazione dei vari attori che avrebbero potuto fare decisamente meglio.

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