Fin dalla prima toccante scena, come nei più alti esempi del cinema italiano di denuncia civile, lo spettatore viene aggredito in modo frontale, realistico, documentato ed emotivamente forte - in ciò acuito dal dramma padre-figlio sullo sfondo -, presentandogli la tragedia dell'Eternit, che ha provocato la morte per mesotelioma pleurico di migliaia di persone, operai e non, con la vergognosa impunità dei colpevoli. Straordinario Colangeli, con la sua maschera straziata e straziante; istintivo D'Amore, rapida e compartecipe la Gioli. Un'encomiabile opera prima.
MEMORABILE: I conati di tosse e i rantoli di Colangeli; Le palline da ping-pong come metafora delle vittime; Le testimonianze dei familiari delle vittime.
La tragedia di Casale Monferrato e dell'eternit merita certo attenzione, ma non le rende un buon servizio questo film pesantemente didascalico, con una storia individuale (comprensiva di storiellina d'amore accessoria) appiccicata alla meno peggio sulla vicenda collettiva. Una produzione di mediocre livello televisivo, oltretutto servita da interpreti ben poco espressivi. Al cinema non importa tanto ciò che si racconta, quanto come si riesce a farlo; e anche con l'attenuante dell'opera prima, non sembra di trovarsi di fronte a un esordio riuscito.
Un padre e un figlio privi di qualsiasi rapporto sullo sfondo del dramma dell'amianto nel Monferrato. Una pellicola toccante e poetica in cui la denuncia è evidente ma al tempo stesso si analizzano i rapporti e le persone. Colangeli, come da molto tempo oramai, è in parte e D'Amore lo segue con quel suo interessante modo di fare. Forse la Gioli lievemente in ombra. Comunque la denuncia arriva. Non un capolavoro ma un buon film.
Toccante fin nel profondo dell'anima per chi, come me, ha vissuto un esperienza similare. Diretto ma poetico, con un D'Amore che mostra una maturità inaspettata e una grandissima qualità (finalmente non porta più addosso la puzza di Gomorra); gli fa da contraltare un ancora più bravo Colangeli, a cui spesso vengono negati gli onori dovutigli. Qualche sbavatura in alcuni passaggi, ma mi sembra normale, dato anche lo scottante tema trattato. Da vedere con una giusta predisposizione d'animo.
MEMORABILE: Lo struggente racconto della fabbrica di Colangeli al figlio/D'Amore; Lo sketch di Totò ripetuto e visto in TV: trait d'union tra due generazioni.
Un esordio ammirevole per il giovane regista torinese che sceglie un tema complesso e drammatico, quello delle terribili conseguenze dell'esposizione all'amianto e delle lotte contro l'impunità dei responsabili. Padre e figlio, caratterialmente opposti, si ritroveranno uniti ad affrontare il dolore di un'irrevocabile malattia. Un racconto che scuote emotivamente e indigna per il cinismo e l'indifferenza delle multinazionali e delle istituzioni, in virtù anche dei due attori veramente formidabili nell'esprimere la crudezza di quegli eventi. Commovente.
MEMORABILE: Il dolore e la rassegnazione nel viso di Colangeli; Le prove del monologo; I video della fabbrica in b/n; Il finale.
Apprezzabile per l'intento di denuncia sociale legata alla triste vicenda dell'eternit e sicuramente valido nell'interpretazione sia di D'Amore che di Colangeli. La denuncia finisce però per cannibalizzare il genere filmico, rendendolo più cronachistico e dando poco significato alle vicende individuali del film. Si aggiunga un ritmo compassato nella seconda parte che non favorisce il coinvolgimento. L'uso della mdp dimostra personalità, l'insieme della narrazione appare meno forte e più ondivago.
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