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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Sgombriamo subito il campo (rosso, naturalmente) dagli equivoci: Thomas Edison è e resta l'inventore della lampadina; l'omonimo protagonista di questo film semplicemente non è mai esistito, per quanto risultino verosimili le sue gesta. Quali? Vittima di un grave infortunio durante la semifinale di uno slam, Edison (Lutz), grande promessa del tennis francese, non è in seguito più riuscito a tornare ai livelli di un tempo, barcamenandosi tra competizioni minori senza guadagnare granché. Sposatosi con una graziosa ex tennista (Girardot), che gli ha dato un figlio, Thomas vede riaprirsi uno spiraglio quando, a 37 anni suonati, decide di giocare le qualificazioni...Leggi tutto per il Roland Garros. Non avendo ottenuto la sospirata “wild card”, infatti, per entrare in tabellone dovrà passare tre turni di qualificazione. E' interessante notare prima di tutto come per raccontare una storia a suo modo epica non si ricorra a gesta eclatanti, per una volta. Al punto da apparire, proprio per questo, più verosimili di tanti biopic autentici. Edison lotta nelle retrovie, cerca di farsi coraggio citando gli esempi di Connors (semifinalista agli Us Open a 39 anni) o Ivanisevic (che vinse il primo slam a trenta), sa di poter contare sull'interesse della stampa pronta a cavalcare la storia della vecchia promessa che ritenta una timida scalata e rivede in parte se stesso nella figura di un nuovo potenziale campione francese, il giovanissimo Damien Thosso (Briand), sbruffone al punto giusto. Edison invece sbruffone non lo è più; è conscio dei suoi limiti, ha scelto da anni il basso profilo e cerca semplicemente di fare il suo mestiere al meglio, cogliendo le occasioni dategli dagli sponsor e magari dalle nuove proposte di partecipare a qualche torneo del circuito Atp. Poi però c'è da fare i conti con la moglie; che lo spronava, certo, ma non può pensare di nuovo di vedersi il marito scomparire per mesi da casa per poi riaccoglierlo al ritorno con pochi spiccioli in tasca. E' anche a questi aspetti che il film guarda, e ai rapporti di Thomas con sua madre (Scott Thomas), che l'aveva instradato avendone scoperto le straordinarie qualità quand'era bambino e ora svela ai giornalisti che in ogni caso lui non aveva la testa, per diventare un campione. In effetti poco o nulla ci viene detto di come accadde che dopo l'infortuno Edison non ritrovò più la strada: sul passato del giocatore scarsamente si indaga privilegiando il presente, le sfide sui campi in terra rossa che la regia sa rendere piuttosto bene. Per un film sul tennis, d'altronde, non ci si poteva permettere di mostrare gli imbarazzanti, goffi scambi a cui il cinema ci ha da sempre abituato. Edison gioca davvero, la velocità della pallina si percepisce, dritti e rovesci sono ben impostati e, per quanto l'abbondanza di primissimi piani tenda a nascondere i colpi, non mancano le sequenze sul campo che rispecchiano quelle analoghe trasmesse in tv. Soprattutto nel match più importante, quello del quinto set del titolo, in cui si respira la giusta tensione (salvo poi chiudere quando non vorresti, lasciando capire quanto conti la psicologia del personaggio più che il risultato sul campo). Ben resa l'ordinarietà del quotidiano del tennista in disarmo, anche se poi è inevitabile che si senta la mancanza dell'attesa per i grandi appuntamenti sportivi. Per quanto correttamente interpretato, infatti, il film non offre poi troppo: racconta senza molto entusiasmo una vicenda ai margini, lavora decentemente sui dialoghi e trova un bel punto di vista per raccontare una relazione rifuggendo dalle banalità. Più caricaturale la figura del giovane avversario, peraltro meno centrale di quanto si possa immaginare. Una zoppicante ma a tratti gustosa parabola sul recupero parziale da un fallimento umano e sportivo, condotta sfruttando la spontanea naturalezza del protagonista.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 7/10/21 DAL DAVINOTTI
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