Sette puntate di quasi un'ora ciascuna per risolvere l'interrogativo del titolo, un vero tormentone che vede il marito Carlo Ortesi (Rigillo) e il commissario Bramante (Capponi) unire le loro forze per stabilire cosa accadde ad Anna quel 5 dicembre, quando dopo una puntata dal droghiere scomparve come dissolta nel nulla. Il marito, convinto di vivere felicemente con lei, non riesce a farsene una ragione, il commissario non sa dove sbattere la testa perché i primi tre mesi di ricerche non sembrano portare a nulla. Poi d'improvviso, nella seconda puntata, si apre un mondo di ipotesi che sembrano andare in contraddizione con l'idea che ci si è fatti della donna e che coinvolgono...Leggi tutto una serie di personaggi insospettabilmente a lei vicini. A cominciare da Paola (Gabel), la bella collega sola che sembra guardare con un occhio più che interessato a Carlo, venditore di enciclopedie porta a porta ogni giorno più frustrato dal faticoso procedere delle indagini. La bravura degli autori sta nel saper far montare magistralmente la tensione escogitando continue svolte inattese e oscurando progressivamente non solo gli ultimi giorni ma anche il passato recente, di Anna. Il napoletano Rigillo per il ruolo di protagonista di questo singolare sceneggiato è scelta azzeccatissima e ce lo fa amare. Per la sincerità, l'umanità e quella caparbietà necessaria a far proseguire le ricerche che riesce a non apparire mai come forzata. Capponi, attore di rango, lo segue bene, non deve dimostrare l'infallibilità del suo Bramante ma al contrario la credibilità, evidenziando tutte le difficoltà di chi non sa dove appigliarsi e più di una volta è costretto a farsi guidare da Carlo, intervenendo però quando serve dimostrando bella autorità. Nel corso delle puntate scopriremo come ognuna di esse abbia un tema portante che lentamente ci accompagna alla soluzione disseminando la storia di false piste, di piccoli misteri autoconclusivi che però non dispiace affatto seguire (tranne forse il capitolo delle adozioni, meno legato alla matrice gialla che invece riguarda la maggior parte delle puntate). Notevole la scelta delle location, che con una fotografia meno televisiva e una messa in scena più ricca avrebbero sicuramente impreziosito di molto il risultato. Anche così, in ogni caso, una Roma periferica fa sentire forte la sua presenza variando bene il paesaggio. Colpisce l'accuratezza con cui sono dosati i tanti indizi che hanno il sapore del giallo puro e qualche coincidenza un po' eccessiva non danneggia troppo la plausibilità delle progressive scoperte. E se fino alla puntata cinque ci si accorge che effettivamente si è divagato oltre ogni limite, ecco che con la sei si entra nel vivo del mistero per non uscirvi più, pronti per il bel colpo di scena finale (che gli appassionati del genere azzeccheranno con un certo anticipo). Recitato con garbo e misura (c'è anche la "guest star" Silvano Tranquilli, in un ruolo marginale), ricco di scene che sanno come spiazzare e diretto da Schivazappa con meritevole agilità, DOV'E' ANNA si ricorda anche per il teso tema musicale di Stelvio Cipriani, eccellente musicista che provvede a una colonna sonora di tutto rispetto.
Quasi un antenato di “Chi l’ha visto?”. Lungo sette puntate si snoda un’indagine su una donna scomparsa, raccogliendo indizi, rintracciando testimoni, formulando ipotesi - anche attraverso flashbacks – e misurandosi pure en passant con problemi sociali (i bambini in vendita, i manicomi). Schivazappa adotta uno stile narrativo accattivante, riservando un colpo di scena alla fine di ogni episodio. Rigillo non si scompone, la Gabel lo veglia innamorata, Capponi riflette. Ruolo insolitamente importante per la Marani.
Anna Ortese, segretaria di una ditta immobiliare, sparisce una mattina senza lasciar traccia di sè. Il marito Carlo indaga insieme all'amica Paola e al commissario Bramante... Clamoroso successo Rai dell'epoca, un giallo con elementi di denuncia, scritto da Biagio Proietti e Diana Crispo e diretto con buon mestiere da Schivazappa. Magari tirato un po' per le lunghe, e condotto all'esito finale con un espediente discutibile, ma nel complesso un lavoro di buona fattura. Splendido e fortunatissimo il tema musicale di Stelvio Cipriani.
È di un'altra categoria rispetto alle odierne fiction. Aiutato da una sceneggiatura impeccabile, impreziosita da dialoghi di una raffinatezza estrema, Schivazappa dirige con bravura, servendo il suo bel colpo di scena a puntata e confezionando un finale, per l'epoca, di agghiacciante ferocia. Ottimi i tre protagonisti, in particolare Capponi nei panni di uno dei commissari più malinconici del piccolo schermo. All'enorme successo di pubblico contribuì anche la splendida colonna sonora di Cipriani. Un gioiello!
MEMORABILE: Gli ultimi due episodi, in cui finalmente il mistero si svela...
Le riprese con il bianco e nero Rai dell'epoca viste col senno di poi potrebbero far sorridere e invece conferiscono un valore estetico aggiunto, che acuisce l'inquietante trama e l'atmosfera di questa serie davvero riuscita. Ogni puntata è un tassello che sembra entrare nel mosaico solo in apparenza e questo accresce la suspence spianando la strada ad una sceneggiatura coi fiocchi che, inanellando piste e indizi, tiene col fiato sospeso fino agli ultimi minuti decisivi. Davvero un capolavoro.
MEMORABILE: Gli occhi di Scilla Gabel, l'inflessibile presenza scenica di Capponi. Il finale.
Quando ancora in RAI si producevano opere degne di nota (i mitici sceneggiati) andò in onda questa bella serie diretta da Pietro Schivazappa dedicata alla misteriosa scomparsa di una donna e alle indagini condotte da polizia e marito. Buone atmosfere (con un ottima resa fotografica del bianco e nero), senso del ritmo e rilevanti performances del cast con volti oggi poco noti ma di assoluto valore.
Originale l'intenzione: costruire un giallo in piena regola, con gran dovizia di colpi di scena, utilizzando ambienti e personaggi assolutamente quotidiani, non romanzeschi, quasi dimessi; un'impiegata e un piazzista di libri, una coppia come tante, vite come tante. La scomparsa di Anna è un mistero, la stessa Anna diventa un mistero, che il marito tenta di decifrare con eroica ostinazione, ben coadiuvato dagli scherani Gabel e Capponi. Molto riuscito questo "viaggio" nei risvolti oscuri, inquietanti, della normalità, una storia di gente comune, credibile, amara, struggente. Insolito.
Abbastanza un unicum nel panorama degli sceneggiati; non certo per la persona scomparsa, quanto perché di sette puntate ce ne sono ben tre che fungono da sceneggiato nello sceneggiato e affrontano temi molto toccanti quali adozioni e cliniche-manicomi, oltre alle truffe più svariate... Ma è meraviglioso Rigillo, perché uno sguardo come il suo nel ruolo che gli si chiedeva è magistrale dal gran che è coinvolgente e la Gabel e Capponi gli stanno a ruota. Anche l'impostazione della sigla di apertura non è casuale...
MEMORABILE: Fra i tanti, la figura stramba del commissario Huerta (fra l'altro efficacissimo) e i discorsi deliranti e reazionari di Tranquilli, sempre bravo.
Molto investigativo e troppo girato in interni, all'inizio non convince per la recitazione accademica di gran parte del cast, man mano però diventa più interessante. A Schivazzappa va riconosciuto il merito di aver saputo intrecciare, come in una ragnatela, i fili della trama. Come in Quattro mosche di velluto grigio, al centro della vicenda troviamo una coppia che vive sotto lo stesso tetto da anni, senza apparentemente conoscersi. Il finale, precursore dei tempi, risulta ancora oggi molto attuale. Dov'è finita Anna?
Inizio molto promettente ma sono davvero troppe sette puntate (alcune allungano il brodo rischiando il polpettone anche per le vicende in se come quella nell'ospedale psichiatrico). Anche alcuni siparietti inutili (un tizio in un bar che recita una poesia lunghissima che non centra nulla) sono francamente imbarazzanti. Finale intuibilissimo dalla puntata precedente ma più che discreto; bene Rigillo e Capponi come le musiche di Cipriani (enorme successo dell'epoca). Più corto sarebbe stato molto più incisivo.
Nella stagione d'oro degli sceneggiati televisivi italiani questo lavoro di Schivazappa occupa senz'altro un posto di rilievo. Incentrato sulla misteriosa scomparsa di una donna, a ogni puntata nasconde al suo interno un mini-giallo che, anche se apparentemente slegato dalla traccia principale, serve a ricomporre il puzzle complessivo. Bravissimi Rigillo e Capponi, cult la colonna sonora di Cipriani.
La scomparsa improvvisa di una donna si porta dietro tanti interrogativi, proponendo ipotesi interpretative anche bizzarre che in realtà hanno una spiegazione ben più drammatica. Il "Dov'è Anna" alla fine prepondera sul "Chi è Anna", disegnando personaggi con interpreti dalla professionalità d'altri tempi (oggi introvabile) e dischiudendo tematiche anche scottanti per quegli anni in Italia. Dialoghi curati e anche colti qua e là. Ogni puntata si chiude con un colpo di scena che aggiunge mistero alla storia.
MEMORABILE: Il magnetismo di Scilla Gabel; Il pediluvio di Mariano Rigillo, marito in perenne stato d'ansia.
Buon esempio del filone giallo-mistery di cui il catalogo Rai degli anni '70 è generoso, nonché da annoverare tra i meglio invecchiati del genere: riesce nell'impresa non facile di appassionare nel (pur prevedibile) gioco delle false piste per una durata superiore alla media (ben sette puntate). Il cast è di prim'ordine come al solito ma grande merito va alla regìa spigliata di Schivazappa, che imprime un tocco meno "televisivo" del solito con movimenti di macchina ben studiati e abdicando i teatri di posa per location di realismo quotidiano.
Tra gli sceneggiati più efficaci e seguiti della tv italiana degli anni '70, questo di Schivazappa ha, oltre alla pregevole sceneggiatura e alle intense prestazioni degli interpreti, il merito di aprire squarci geografico/sociali su un'Italia allora misteriosa, che guardava a adozioni, tradimenti, malattia mentale, trasformazione della famiglia, con la stessa ansia con cui si cerca una persona scomparsa (qui Anna) o si percorre un viottolo brullo in terre brulle e "magiche" (Cocullo luogo di riti ofidici) come quelle abruzzesi in cui la vicenda trova compimento. Fondamentale.
Un buon sceneggiato Rai anni '70, girato in bianco e nero ma non per questo invecchiato per merito di una vicenda molto intrigante. Le indagini sulla scomparsa di Anna vengono condotte dal di lei marito (il bravo Mariano Rigillo) e dalla polizia. Le prime puntate non sono male, ma è nelle ultime due che il livello sale notevolmente, con un paio di colpi di scena che tanto piacciono ai giallisti. Nel suo genere buono.
Prodotto d’eccellenza anni 70, praticamente perfetto. La vicenda è intricata ma semplice da seguire, con gli eventi che ruotano attorno al 5 dicembre e che paiono drammatiche coincidenze impossibili, ma che si rivelano poi credibili. La vita (in realtà poliedrica?) di chi si crede semplice, si presta aduna costruzione magnifica; impeccabile sceneggiatura e ottime interpretazioni attoriali, con la regia che non sbaglia nemmeno un attimo. Si fila dritti per tutti gli episodi, ansiosi di conoscere la verità per sapere finalmente... dov’è Anna. Mito assoluto e consigliato a tutti.
Predecessore di tutte le fiction gialle Rai, questa incollò al televisore milioni e milioni di spettatori, coinvolgendoli nel mistero del titolo e diventando la più vista nella storia televisiva. Nel vederla quasi cinquant'anni dopo ci si accorge di quanto poco sia invecchiata e quanto sia ancora coinvolgente e godibile. Sceneggiatura di grande livello, con bei dialoghi, anche se in questa occorre rilevare quanto i punti di svolta nascano in buona parte con giustificazioni poco plausibili. Azzeccato l'espediente delle "false piste" a caratterizzare gli episodi prima della vera svolta.
Nella stagione dei cosiddetti sceneggiati televisivi spicca questo bel giallo che si snoda in quasi sette ore di trasmissione ma che ha il pregio di creare ad ogni puntata un certo interesse e in particolar modo la pulsione di attendere la puntata successiva. Un Rigillo che sarebbe diventato un grande attore di teatro e un Capponi spesso sottovalutato reggono bene il dipanarsi della matassa con un finale che non delude.
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Zender ebbe a dire: Il Gobbo ebbe a dire: Se non sbaglio la prima puntata andò in onda il 1° ottobre 1975. Sulla doppia scheda in effetti rimasi stupito che non ci fosse già, ma il database non mi diede nessuna risposta, sia col punto interrogativo sia senza.
Dov'è la scheda? :) Che intendi dire Gobbo? Se digiti Dov'è anna nel cerca non te la visualizza? A me sì...
Non me la visualizzò la sera in cui ho inserito la scheda (e provai appunto sia col ? che senza). Vabbè, poco male. Benissimo per le date, indubbiamente considererei l'anno di messa in onda.
DiscussioneMatalo! • 21/09/09 20:03 Call center Davinotti - 614 interventi
DiscussioneFauno • 27/08/12 12:45 Contratto a progetto - 2749 interventi
Con profondissimo rammarico devo segnalare che una scena d'amore fra Rigillo e la Gabel, che dal gran che mi era piaciuta me la ricordavo a distanza di 35 anni, è stata miseramente tagliata nel DVD della Hobby&Work.
Forse la scena d'amore più bella di tutti gli sceneggiati televisivi, proprio perchè il loro era un amore sentito, tanto primordiale quanto disperato, vista la situazione catastrofica...al punto che i loro dialoghi toccherebbero anche il cuore di una mummia.
Davvero bravo Schivazappa. FAUNO.
DiscussioneZender • 27/08/12 14:55 Capo scrivano - 48353 interventi
ma sei sicuro Fauno? Non capisco perché tagliare una scena da uno sceneggiato. A me spesso è capitato di ricordare con certezza una cosa a distanza di anni ma di verificare poi che mi sbagliavo. Sei certo che non fosse di un altro sceneggiato? O che sia presente ma in forma diversa da come la ricordavi? Te lo dico perché la memoria è verificato che la memoria a distanza di tanto tempo fa strani scherzi.
DiscussioneFauno • 28/08/12 10:14 Contratto a progetto - 2749 interventi
Nell'edizione da edicola ne sono sicuro come della mia identità. E me lo ricordo perchè a quel tempo tutte le famiglie erano a casa di domenica per lo sceneggiato a puntate, e mio fratello, più vecchio di me di 10 anni, fece un'esclamazione della serie"Piano!", in quanto Rigillo abbracciò la Gabel con tutta la foga repressa da tanta solitudine e da tanta astinenza, e le appoggiò violentemente la bocca sul collo stile "L'importante è finire", mentre la Gabel faceva l'impossibile per tenere coperti i seni. E l'altra considerazione fatta anche da me, allora ancora adolescente, fu sul cambiamento e sulla bellezza almeno raddoppiata della Gabel coi capelli sciolti. Nel video riprende da quando la Gabel afferma di essersi sentita bene ad aver passato la notte con lui, mentre lui si sta già rivestendo.
Me la ricordo bene per la carica emotiva, ed era una delle scene più belle di tutte e 7 le puntate. Davvero peccato! FAUNO
DiscussioneZender • 29/08/12 08:41 Capo scrivano - 48353 interventi
Per carità, non avendo visto lo sceneggiato non posso dir nulla. Segnalavo solo una cosa comunissima, ossia la memoria che distorce spesso i ricordi.