Schramm • 2/07/22 19:08
Scrivano - 7824 interventi Herrkinski ebbe a dire:Alleluja! Ce l'abbiam fatta ad avere un Noè sul quale quasi concordiamo haha...
beh no dai ci sarebbe anche
seul contre tous...
Su Haneke, ammetto di essere rimasto parecchio indietro e dovrò fare un corso di aggiornamento al più presto. The Father me l'ha sicuramente ricordato per la tematica, anche se la messinscena è talmente diversa che faccio fatica a paragonarli; dicono cose simili per certi versi ma in maniera differente. Ho preferito The Father perchè è più "film", con un ritmo meglio bilanciato e attori di livello, ma quello di Noè ha altri pregi.
si chiaro l'affinità con
the father è tutta squisitamente tematica mentre con
amour inizia ad essercene anche di stilistica e umorale. con la differenza che noè, che non ha perso pelo della pornografia (dei sentimenti e della necrotizzazione-spoliazione corporea, e di quella casa che è metafora-sdoppiamento del corpo, e del cinema che le mummifica ambedue essendo a sua volta casa museale di corpi, di sogni) né vizio della stronzaggine (come neanche, in pari, in sguardo visceralmente compassionevole) riesce a trapanare più a fondo facendo uscire la punta dalla parte opposta proprio grazie a
L'effetto documentario, con riprese essenziali, spesso a camera fissa e una fotografia illuminata naturalmente, aumenta il senso dello "spiare" nella vita della famiglia e dona un realismo notevole
che peraltro segnano un ennesima derapata formale rispetto a tutto quanto fatto. certo dovuta anche alla malattia che l'ha allontanato da tutto il cotè psichedelico e dalla survoltazione stilistica (apparentemente dato che la forma rimane qui estenuantemente immutata), ma che non di meno lo ha reso ancor più hardcore nell'analizzare la caducità del corpo e della psiche, della famiglia, dei rapporti, della memoria, insomma di ecoscandagliare oltre il fondo quel disfacimento e quella mortalità che spetterà anche a noi che, temporaneamente privilegiati, la testimoniamo (il film avrebbe dovuto contenere come consueta didascalia "
la vita è una festa che verrà presto dimenticata", poi spostata come presentazione nella brochure di cannes)
così come la prova di un Argento che mai mi sarei aspettato risultare così naturale e vulnerabile davanti alla mdp.
ribadisco solo che con la sua prova attoriale, toccante oltre ogni più rosea previsione, si fa perdonare gli ultimi 20 anni di prove registiche.
e ribadisco anche che sono certo che nel rivedere il film tra una dozzina d'anni quando argento non sarà più fisicamente tra noi (sottolineo l'avverbio, perché argento è eterno da un pezzo) cambieranno molte delle carte in tavola. sono abbastanza certo che noè aveva in qualche modo cinicamente calcolato quest'aspetto biforcuto e mutaforme del film. e sarebbe certo interessante interpellare dario su che effetto gli ha fatto un ruolo che lo mette così totalmente a nudo.
E lo sappiamo tutti, ma l'ultima parte è davvero da groppo in gola, pregna di quel pessimismo nichilista del regista (notoriamente e fermamente ateo, se servisse sottolinearlo)
ma a suo modo anche molto tenero, si veda quello slancio proemico delicatissimo, quasi truffautiano, con la hardy - oltre a quella sorta di richiamo palindromico sul finale (irreversible?)
se il film è tirato per le lunghe è perché, come sopra, noè non rinuncia alla sua vis pornografica, qui applicata anche al più banale dettaglio della più banale quotidianità - che così banale, come vedremo già attorno al decimo minuto, non è (da lì, chi conosce bene haneke e l'amore di noè per questo regista, è facile sentir scampanellare l'allarme)
sull'uso dello split-screen, forse non era necessario per l'intero film e risulta un po' una scelta stilistica forzata, che non aiuta la visione specialmente quando i due frame mostrano azioni diverse, dovendo tra l'altro leggere i sottotitoli.
secondo me tutt'altro; forse è un po' didascalico e letteralizzato - lo split screen qui serve essenzialmente a rimarcare la separazione tra i corpi e tra le vite, ma anche tra i corpi e le cose, tra i corpi-attori e il cinema ed è giusto che, per quanto tautologico, sia così snervante; in tal senso mi è parso assai meno estetizzante che in
lux aeterna. se l'avesse tolto o usato solo per metà avremmo avuto un film totalmente diverso, specie verso il finale laddove
SPOILERalla morte di argento continua a divedere lei da uno spazio non vuoto, ma riempito dal nero
FINE SPOILER
e comunque, se ci fai bene caso, ne fa anche un uso scaltramente cruciverbale, in alcuni punti i due corpi divisi sembrano ricomporsi come due ponti levatoi americani che si richiudono, semplicemente per il fare, a disparità di spazi e contesti, la stessa identica mossa o posa.
Forse è il film più scarno e meno cinematografico di Noè, visivamente povero, ma vista la tematica è una scelta che ci può stare.
al di là delle contingenze che gliel'hanno imposta (sono abbastanza sicuro che se non l'avesse colpito l'ictus, questo film sarebbe stato un bel po' diverso) è comunque una scelta lodevole, che segna quasi probabilmente una nuova fase del suo fare e intendere cinema.
Film comunque da prendere con le pinze se si hanno genitori anziani in condizioni simili e più in generale se si ha un brutto rapporto con la vecchiaia e con la fine inevitabile. O semplicemente se si è in un pessimo mood...
in tal senso non mi sono sentito personalmente ammorbato o toccato (non ho paura della vecchiaia o della fine, più di qualcosa di permanentemente invalidante - anche rispetto a chi mi sta vicino) però sì, rilancio il monito: chi queste preoccupazioni/fobie le cova o ha situazioni familiari affini forse è bene che si tenga alla larga da questo film, che non è certamente da vedere neanche se si è depressi per altri motivi..
Ultima modifica: 3/07/22 15:39 da
Schramm
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Jandileida
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