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Discussioni su Lost in New York - Corto (1989)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 13/12/15 DAL BENEMERITO BUIOMEGA71
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    Buiomega71

DISCUSSIONE GENERALE

1 post
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  • Buiomega71 • 13/12/15 21:19
    Consigliere - 27309 interventi
    Amo Rollin, per me potrebbe riprendere un bosco d'autunno e andare avanti per ore a riplenderlo e io ci vedrò sempre il lato più poetico e ipnotico del suo cinema

    Però, in questo suo mediometraggio (la durata e di 00, 52m e 12s), non ho ben capito cosa il sommo volesse davvero esprimere (la vecchiaia? L'amicizia femminea? La perdita d'identità? Lo smarrimento dell'anima?) in questa sua opera al limite dell'incomprensibilità

    Sempre più astruso, chiuso in sè stesso, ermetico, in quella che sembra essere una versione spirituale delle sue "vampire nude"

    Squarciato da lampi visivi di pura poesia figurativa tipicamente rolliniana (le due ragazze che compaiono in riva ad un mare grigio e autunnale, indossando maschere bianche che paiono il simbolo della perdita dell'identità, la vampira biancovestita che si aggira tra le lapidi di un cimitero di notte, la strega creola che danza nuda orchestrando strane magie), l'opera si tinge dello sperimentalismo più radicale, e assume i tratti di un documentario, dove Rollin mostra gli scorci della grande mela, tra grattacieli, New York di notte e le sue mille luci e lati della città miseri e desolanti

    Una ragazza che corre per le strade della città, un agressione sul tetto di un palazzo dai vaghi sapori lesbo, una vampirizazzione, si passa da New York a Roma (Cinecittà) senza continuità di narrazione, una vecchia velata, una ragazza e una bambina conosciuta in un cimitero, un libro di illustrazioni con echi cinefili (e anche autoreferenziali, si cita Fascination), una bruttissima statuetta dal volto "lunare" (uno dei più antiestetici idoletti mai visti, da fare il paio con il Ciuko di Il Buio Macchiato di Rosso), apparizioni/sparizioni (con terrificanti effetti sonori sullo stile "boing"), un criptico finale dinanzi ad una grotta marina non dissimile dalle rocce "antropomorfe" di Picnic ad Hanging Rock

    Lo score di Philippe D'Aram, all'inizio, riecheggia note sakamotiane

    Un esperimento bizzarro, che sembra un omaggio rolliniano alla metropoli americana (curioso, poi, come la New York vista da Rollin non sia dissimile da quella del nostro cinema bis, e mi veniva in mente certo Fulci "americano"), ma che destabilizza per la sua insistita cripticità

    Un opera minore nella filmografia del sommo, tanto curiosa quanto troppo chiusa su se stessa, penalizzata da un autorialità insistita che alla fine pone la domanda "ma cosa diavolo voleva dire Rollin?"
    Ultima modifica: 13/12/15 21:37 da Buiomega71