Note: La storia (tratta in parte dal suo romanzo autobiografico "In the shadow of San Siro", 2007) racconta i mesi a Milano del giovane centrocampista svedese Martin Bengtsson.
Attraverso la vera storia dello svedese Martin Bengtsson si attua una blanda indagine sul modo in cui viene affrontata la malattia mentale nel mondo del calcio, naturalmente teso a ricavare il massimo dai giocatori senza troppo curarsi della loro condizione psicologica. Sono ragazzi giovanissimi, che convergono da ogni luogo del mondo per allenarsi ed entrare a far parte delle squadre giovanili con l'obiettivo di entrare nel grande giro della serie A. Perché siamo in Italia (il libro autobiografico del 2007 da cui è tratto il film si chiama "In the shadow of San Siro") e Martin (Enge) viene acquistato dall'Inter, la squadra per cui sognava di giocare fin da piccolo (nella...Leggi tutto realtà sognava il Milan ma poco importa...). Dopo anni di duro lavoro finalmente l'obiettivo è raggiunto e l'incontro a Milano con Galli (Lombardi), il direttore sportivo, già mostra quanto il ragazzo sia introverso. L'italiano lo impara con una certa facilità, sembra abbia in dote una determinazione non comune e soprattutto, come gli dice proprio Galli, la fame necessaria a chi vuole sfondare. Tuttavia, benché nessuno metta in discussione le sue qualità tecniche, qualcosa non va: Martin fatica a integrarsi, trova in Vibeke (Gustavsson), una dolce modella conosciuta a una festa, la compagna ideale; ma non accetta fino in fondo le privazioni a cui è costretto dalla squadra e somatizza, concretizzandola in autentica depressione, ogni decisione che giudica a lui avversa. Quello che il regista fa è seguire la storia del promettente centrocampista tenendolo sempre al centro di ogni scena: è attraverso i suoi occhi che la vicenda è vissuta. Fondamentali l'amicizia con un altro giocatore della rosa e il rapporto con Vibeke (all'insegna di una consapevolezza che pare matura), bilanciato dall'attenzione da riservare prima di ogni cosa al calcio... Perché Martin sa di avere uno scopo nella vita e sa che per perseguirlo dovrà compiere grandi sacrifici. Parla poco e non per problemi con la lingua, cerca di fare quel che gli chiedono ma si lascia tentare dai desideri normali di un adolescente. Senza cercare sviluppi straordinari, il progresso del soggiorno a Milano di Martin è scandito dal passare delle stagioni, dalle partite nella Primavera dell'Inter in cui non conta il risultato ma soprattutto il mettersi in mostra per farsi promuovere tra i grandi della serie A. Le dinamiche interne alla squadra non sono descritte così approfonditamente e in generale il calcio sembra restare quasi sullo sfondo, rispetto a quella che è l'indagine psicologica del giocatore, la sua percezione di una realtà tutto sommato nemmeno così tirannica o insostenibile come si potrebbe pensare. Si evidenzia però la scarsa attenzione a tutto ciò che in quell'ambito riguarda la condizione mentale dei ragazzi, risolta con qualche discorso paternalistico (bravo Lombardi in questo senso) e punizioni da caserma, così come cameratesco finisce col diventare il rapporto tra giocatori. Solo sorvolate le invidie, le provocazioni... Martin assimila tutto vivendo una sorta di assenza permanente, magari non troppo percepibile dall'esterno ma tesa a peggiorare, come si vedrà. Senza però una rivalità, una sfida vera da vivere come in BORG MCENROE, di cui aveva scritto la sceneggiatura, Ronnie Sandhal fatica in regia a trovare il giusto grado di coinvolgimento, regalando un attendibile ritratto del campione in erba dai tratti umani ma dimenticando un po' di farci respirare quella passione sanguigna che in un film a tema calcistico ci si aspetterebbe di trovare. Fotografia di livello (abbondano gli esterni in notturna), molto deboli al contrario le scene in campo, con Bengsston quasi sempre avulso dall'azione per trasmetterne il senso di estraneità e lontananza. Un'opera dai tratti autoriali non priva di pregevolezze ma fin troppo fredda, capace in ogni caso di comunicare l'isolamento e il progredire della depressione nel protagonista.
Con l'ingaggio da parte di un grande club italiano, a soli16 anni il norvegese Martin sembra aver realizzato il sogno della vita ma le difficoltà di integrazione, la dura disciplina e l'ostilità dei compagni di squadra risulteranno pesanti da affrontare... Da una autobiografia, una storia il cui potenziale interesse è sminuito da un approccio in cui, paradossalmente, l'ambiente del calcio è tenuto troppo fuori campo dato che i problemi del protagonista sembrano avere radici lontane. Buona la confezione, bravo il sensibile Erik Enge, ma film nel complesso non è del tutto convincente.
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La partita che viene trasmessa nel televisore della clina mentre Martin Bengtsson (Enge) riflette rivedendo delle foto nel suo telefonico è il derby di Milano, Inter - Milan del 6 maggio 2012 e terminato 4-2.