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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Esordio da regista per Francis Veber, fin lì noto come sceneggiatore ma in futuro dietro la macchina da presa di molti classici della commedia francese. E si capisce perché: lo stile che guarda al comico ma con arguzia e bella originalità (fanno fede i due remake del film) sfrutta bene il solito Pierre Richard, sicuramente la star transalpina del genere, in quegli anni, e lo pone nella grottesca situazione desumibile dal titolo: François Perrin sarebbe un giornalista, per quanto di modesta caratura, ma il padrone per il quale lavora, Pierre Rambal-Cochet (Bouquet),...Leggi tutto lo costringe a trasformarsi nel giocattolo privato del viziatissimo figlio Eric (Greco). Quest'ultimo, infatti, lo nota mentre si aggira con aria sperduta tra i manichini di in un grande negozio di giocattoli e decide di... comprarlo. Chi lo accompagna cerca di fargli capire che il povero Perrin non è in vendita, ma il ragazzino s'impunta: imballatemelo che lo voglio a casa mia al più presto!

Pierre Rambal-Cochet può tenere il figlio con sé una sola settimana all'anno (è divorziato) e in quella settimana gli concede qualsiasi cosa: perché quindi non dovrebbe accontentarlo? D'altra parte Perrin è un "suo" giornalista: basta minacciare di licenziarlo, per obbligarlo a diventare il giocattolo del figlio. E Perrin sa bene che quelle non sono minacce a vuoto, visto che poco prima il principale ha cacciato un dipendente solo perché aveva una stretta di mano bagnaticcia!

Richard è bravo a mostrare stupore e insieme rassegnazione (ma non necessariamente frustrazione) per ciò che si trova a dover fare: a malincuore si lascia chiudere in una cassa e consegnare nella lussuosa, gigantesca villa del suo principale, dove Eric lo aspetta trattandolo da perfetto "giocattolo": lo fa montare con lui sulla macchinina con cui percorre a razzo i corridoi di casa investendo il maggiordomo e quasi la madre (Dyson), lo fa vestire da cowboy e lo porta a cavalcare, anche se il poveretto non l'ha mai fatto... L'importante, nelle intenzioni di Veber, è non confondere la condizione del protagonista con quella di un normale "baby sitter": sarebbe troppo banale e non favorirebbe lo stesso tipo di importante riflessione.

Perrin, sempre sull'orlo della ribellione, sempre combattuto sul modo di reagire, si trattiene e in tal modo il film prosegue, proponendo situazioni non in ogni frangente divertenti ma simpaticamente ideate, in cui il ruolo del dominatore talvolta si ribalta imprevedibilmente. La cinica, sprezzante ferocia di Rambal-Cochet, abituato - non differentemente dal figlio - a trattare le persone come una sua proprietà, permette facili accostamenti generazionali in chiave favolistica lasciando ovvia strada a un finale conciliatorio e raddrizza-torti, ma a risultare convincente sono soprattutto il caratteristico, stralunato approccio di Richard, i suoi mezzi sorrisi, le espressioni ebeti in sostituzione di quelle che dovrebbero essere invece di profondo imbarazzo.

E in fondo nemmeno il perfido ragazzino è disegnato con troppo veleno o eccendendo nella caricatura: non strilla mai, mostra una buona capacità di relazione con Perrin e fa capire come Veber sappia trattare il genere, pur se deve ancora affinare la regia: il film manca nel complesso di consistenza, si perde in qualche scena poco incisiva, ma fa capire che un talento dietro c'è. Come quello riconosciuto di Vladimir Cosma alle musiche: un tema brillante, che si fa ricordare in una commedia bizzarra e curiosa quanto il suo imperfetto protagonista.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 29/02/24 DAL DAVINOTTI
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