Napad - La rapina - Film (2024)

Negli Anni Novanta un agente congedato si rimette in gioco cercando di incastrare l'autore di una rapina in banca. Tenendo presente che la trama di originale non ha proprio nulla, questo film polacco si rivela una piacevole sorpresa, a cominciare da un'accurata ricostruzione dell'epoca che ci riporta indietro di circa trent'anni. Uno di quei casi, insomma, in cui la cornice vale più del quadro: la fotografia dai colori cupi, ad esempio, è azzeccata, le musiche in tema generano la giusta suspense e il cast offre una prova decisamente convincente. A conti fatti, dunque, non male.

Convincente, soprattutto nel personaggio principale, ex maggiore del regime comunista ripescato per risolvere un caso che intralcia la privatizzazione (assai capitalista) d'una banca. Ruvido, sbrigativo e massiccio, Lubaszenko è perfetto per la parte. Meno perspicuo risulta il terzetto giovane antagonista nonostante l'apprezzabile tentativo di penetrare la psicologia del personaggio di Hycnar (la rivalsa sociale) inserendola nel contesto di uno storico trapasso costituzionale. Deboli certe notazioni (il rapporto con la fidanzata) mutuate da certe facilonerie seriali televisive.

Un uomo di mezza età, sospeso dal servizio per i suoi trascorsi come poliziotto dai modi non ortodossi durante il regime comunista, viene "ripescato" per risolvere il caso di una sanguinosa rapina con la prospettiva di essere riammesso in servizio. Ambientato nella Polonia degli anni '90, un poliziesco con blande velleità socio-politiche, che si concentra sulla psicologia contraddittoria del protagonista (Lubaszenko) senza curarsi troppo né del ritmo (che risulta ampiamente televisivo) né di mantenere una certa tensione, dato che tutto è esplicitato dai continui flashback. Modesto.

C'è qualità crescente nelle produzioni di alcuni paesi, impensabile fino a qualche anno fa. Scandinavia, Est asiatico o Polonia come in questo caso. Per carità, la sceneggiatura non è nulla di nuovo, ma la confezione è davvero pregevole. Ottima la fotografia, la ricostruzione di un periodo e soprattutto la caratterizzazione dei personaggi. Ma spiccano anche la regia e l'impegno attoriale. Non un capolavoro, ma un onesto prodotto di intrattenimento, ben curato, come raramente si vede negli ultimi periodi. E c'è pure la morale finale.

Ben lontano dai tanti baracconi tutta azione (e null’altro), questo bel noir si concentra subito sul contesto umano e sociale. Nella Polonia degli anni ’90 gli strascichi tossici della dominazione sovietica sono ancora in circolo e il basso tenore di vita, evidenziato da condomini fatiscenti, auto scassate, vestiario tendente al pezzente, ben si sposa con un panorama piatto, cupo, in un inverno umido senza speranza di sprazzi di Sole. Speranza negata anche ai protagonisti, in cui nessuno è esente da colpe.